Oggetto: Richiesta intervento normativo per sanare l’ingiusto differimento del trattamento di fine servizio.

Al Signor Ministro dell’Economia e delle Finanze
On.le Giancarlo Giorgetti

Al Signor Ministro dell’Interno
Pref. Matteo Piantedosi

Al Signor Ministro della Pubblica Amministrazione
Sen. Paolo Zangrillo

All’ Istituto Nazionale della Previdenza Sociale

e, p.c.

Al Signor Capo della Polizia
Pref. Vittorio Pisani

Da lungo tempo avevamo colto il disagio di tutti gli appartenenti della Polizia di Stato che vivono il differimento e la dilazione del TFS con sentimento di frustrazione e di ingiustizia, che cade proprio nel delicato momento della fuoriuscita dal mondo del lavoro e il passaggio al sistema pensionistico.

Proprio per questo motivo si è promosso un ricorso innanzi al TAR Lazio, finalizzato a sollevare la questione della legittimità costituzionale degli artt. 12 del d.l. 78/2010 e 3 del d.l. 79/1997, le norme “emergenziali” che avevano introdotto rispettivamente la rateizzazione in più tranches del TFS ed il differimento di un anno per il primo pagamento nei confronti dei dipendenti collocati a riposo per anzianità massima anagrafica o di servizio.

Come ormai è ben noto a tutti, la Corte costituzionale con sentenza n. 130/2023, ricollegandosi alla sua precedente sentenza n. 150 del 2019, pur avendo dichiarato la questione proposta “inammissibile” – in quanto il TFS costituisce un rilevante aggregato della spesa corrente che incide sensibilmente sul bilancio statale – ha tuttavia riconosciuto che le norme impugnate violano il criterio della ragionevolezza nella pur eccezionalmente ammissibile compressione del diritto dei lavoratori alla tempestiva corresponsione.

La sentenza ha sancito che “La lesione delle garanzie costituzionali determinata dal differimento della corresponsione delle prestazioni in esame esige, infatti, un intervento riformatore prioritario, che contemperi l’indifferibilità della reductio ad legitimitatem con la necessità di inscrivere la spesa da essa comportata in un organico disegno finanziario che tenga conto anche degli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria”.

L’attuale situazione inflazionistica ha acuito l’urgenza di un intervento legislativo; infatti, non essendo la prestazione previdenziale controbilanciata dal riconoscimento della rivalutazione monetaria, il ritardo finisce per incidere sulla stessa consistenza economica della prestazione.

Al riguardo, si evidenzia in primo luogo che il dato finale dell’inflazione certificato dall’Istat è pari a l’8,1%, in secondo luogo il costo della cessione del TFS, in base alle convenzioni bancarie è del 3%, mentre fuori dalle convenzioni ammonta al 6%. Perciò, il taglio del potere di acquisto del trattamento di fine servizio può arrivare fino al 14%, tale riduzione è un’autentica iniquità che grava sul pubblico dipendente.

Sempre la Consulta ha sancito che neanche può ritenersi satisfattiva la disciplina di anticipazione della liquidazione introdotta dall’art. 23 del d.l. n. 4 del 2019 o da ultimo dalla deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’INPS 9 novembre 2022, n. 219, che consentono di usufruire di un finanziamento con onere a carico del dipendente, perché anche tali misure continuano a scaricare sulle spalle dei dipendenti interessati l’onere economico per l’erogazione tempestiva dell’emolumento.

Oltretutto, la disponibilità fornita spontaneamente dall’INPS ad erogare il finanziamento, lascia ben intendere che l’Istituto dispone nelle proprie casse della liquidità necessaria e pertanto il costo economico che viene scaricato sui dipendenti si rivela una ingiusta ed indebita attività lucrativa. Questo illegittimo balzello diventa ancora più odioso per coloro i quali saranno collocati in quiescenza esclusivamente con il sistema contributivo. Questi colleghi, infatti, non soltanto saranno costretti a fare ricorso ad assicurazioni private, durante l’attività di servizio, per evitare l’eccessiva riduzione della pensione rispetto ai loro predecessori, ma dovranno sostenere anche il costo finanziario per la tempestiva liquidazione del loro TFS!

Nonostante l’esplicita e pregnante raccomandazione di un intervento rapido, risalente già alla sentenza del 2019 ed ora ancor più ribadito, ad oggi, non risulta adottata alcuna iniziativa legislativa in tal senso e tutto il personale della Polizia di Stato, al pari del resto del pubblico impego, continua a percepire il TFS con i consueti ritardi (fino a tre anni) e dilazioni (due o tre rate annuali).

Alla luce delle sopra esposte raccomandazioni della Consulta e delle situazioni di fatto, si richiede una decisa iniziativa che, pur considerando l’esigenza di salvaguardare i saldi del bilancio statale, smetta di porre gli oneri per la tempestiva ed immediata prestazione previdenziale a carico degli stessi dipendenti percettori.

Il legislatore, come detto, non sembra aver ancora posto la dovuta attenzione sulla questione, e riteniamo che solo l’iniziativa legislativa proveniente dal Governo sia idonea a superare questa condizione di illegittimità che si trascina ormai da molti anni, e sulla quale i primi moniti della Corte Costituzionale, risalenti al 2019, sono rimasti totalmente inascoltati.

LETTERA MINISTRI PER TFS