“Petri era andato avanti ed era entrato in uno scompartimento. Ho alzato lo sguardo e ho visto Petri uscire dallo scompartimento con dei documenti in mano e cominciare a telefonare col cellulare collegato alla sala operativa della questura di Firenze. Poi ho visto un uomo che si avvicinava e gli puntava una pistola all’altezza della gola.” È con queste parole che il sovrintendente di polizia Bruno Fortunato ricostruisce davanti alla Corte, che nel 2005 processa le “Nuove Brigate Rosse”, gli ultimi istanti di vita del sovrintendente capo Emanuele Petri, che insospettito da una coppia gli chiese i documenti e li stava verificando con la sala operativa. La coppia era composta dai brigatisti Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce. Scaturì un conflitto a fuoco in cui rimase a terra il sovrintendente capo Emanuele Petri e poco dopo in ospedale morì anche il suo assassino Mario Galesi. L’intuito di Petri ed il suo sacrificio per garantire la sicurezza di questo Paese, ancora colpito dalla coda degli ultimi brigatisti, permise agli investigatori di assicurare alla giustizia anche gli assassini di Massimo D’Antona e Marco Biagi. I terroristi Galesi e Lioce incontrarono la passione per il proprio lavoro di un questurino che mise fine alla loro scia di sangue.

Così in una nota Enzo Letizia Segretario dell’Associazione Nazionale Funzionari di polizia, a vent’anni dell’assassinio di Emanuele Petri, su di un treno regionale a Castiglion Fiorentino in provincia di Arezzo

 

Anfp, il “questurino”Petri mise fine a scia sangue Br – (ANSA) – ROMA, 02 MAR – “L’intuito di Petri ed il suo sacrificio per garantire la sicurezza di questo Paese, ancora colpito dalla coda degli ultimi brigatisti, permise agli investigatori di assicurare alla giustizia anche gli assassini di Massimo D’Antona e Marco Biagi. I terroristi Galesi e Lioce incontrarono la passione per il proprio lavoro di un questurino che mise fine alla loro scia di sangue”. Cosi’ Enzo Letizia, segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, a vent’anni dell’assassinio di Emanuele Petri, su di un treno regionale a Castiglion Fiorentino in provincia di Arezzo.
“Petri era andato avanti ed era entrato in uno scompartimento. Ho alzato lo sguardo e ho visto Petri uscire dallo scompartimento con dei documenti in mano e cominciare a telefonare col cellulare collegato alla sala operativa della questura di Firenze. Poi ho visto un uomo che si avvicinava e gli puntava una pistola all’altezza della gola”. È con queste parole, ricorda Letizia, “che il sovrintendente di polizia Bruno Fortunato ricostruisce davanti alla Corte, che nel 2005 processa le “Nuove Brigate Rosse”, gli ultimi istanti di vita del sovrintendente capo Emanuele Petri, che insospettito da una coppia gli chiese i documenti e li stava verificando con la sala operativa. La coppia era composta dai brigatisti Mario Galesi e Nadia Desdemona Lioce. Scaturi’ un conflitto a fuoco in cui rimase a terra il sovrintendente capo Emanuele Petri e poco dopo in ospedale mori’ anche il suo assassino Mario Galesi”. (ANSA).

TERRORISMO: FUNZIONARI POLIZIA, “SACRIFICIO PETRI MISE FINE ALLE NUOVE BR” Roma, 2 mar. (Adnkronos) – “L’intuito di Petri ed il suo sacrificio per garantire la sicurezza di questo Paese, ancora colpito dalla coda degli ultimi brigatisti, permise agli investigatori di assicurare alla giustizia anche gli assassini di Massimo D’Antona e Marco Biagi. I terroristi Galesi e Lioce incontrarono la passione per il proprio lavoro di un questurino che mise fine alla loro scia di sangue”. Cosi’ in una nota Enzo Letizia segretario dell’associazione nazionale funzionari di polizia, a vent’anni dell’assassinio di Emanuele Petri, su di un treno regionale a Castiglion Fiorentino in provincia di Arezzo.
Letizia, nella stessa nota, riporta la ricostruzione degli ultimi istanti di vita di Petri del sovrintendente di Polizia Bruno Fortunato davanti alla Corte che nel 2005 processava le ‘Nuove Brigate Rosse’: “Petri era andato avanti ed era entrato in uno scompartimento. Ho alzato lo sguardo e ho visto Petri uscire dallo scompartimento con dei documenti in mano e cominciare a telefonare col cellulare collegato alla sala operativa della questura di Firenze. Poi ho visto un uomo che si avvicinava e gli puntava una pistola all’altezza della gola.” Nello scontro a fuoco che ne segui’, mori’ Emanuele Petri e, poco dopo in ospedale, mori’ anche il suo assassino Mario Galesi.
(Stg/Adnkronos)