Editoriale ANFP

Il Decreto Sicurezza è legge: tutela della legalità, riconoscimento per chi la garantisce

 

Con l’approvazione definitiva da parte del Senato, il Decreto Sicurezza diventa legge dello Stato. È una legge che interviene in un momento storico particolarmente complesso, segnato da nuove forme di conflittualità sociale, da tensioni internazionali che si riflettono sul piano interno e da una sempre più aggressiva contestazione verso le istituzioni repubblicane e verso chi le rappresenta in prima linea: le donne e gli uomini delle Forze di polizia.

Il provvedimento non è la risposta ideologica a una stagione di proteste. È, al contrario, la presa d’atto che i diritti costituzionali – tutti, non solo quelli evocati con maggiore enfasi – esistono e vanno garantiti nell’equilibrio, non nella sopraffazione. Il diritto a manifestare non può travolgere quello alla libera circolazione, alla sicurezza, alla salute, al lavoro. E soprattutto non può mai trasformarsi in una giustificazione per violenze fisiche e verbali contro chi, in uniforme, è chiamato a tutelare proprio l’ordinato esercizio delle libertà democratiche.

L’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia ha salutato con favore l’impianto complessivo del decreto sin dalla sua prima approvazione alla Camera. Con l’entrata in vigore della legge, si consolida un quadro normativo che rappresenta una svolta nella tutela non solo dell’efficienza operativa delle forze dell’ordine, ma della loro stessa dignità istituzionale.

Garantire chi difende

L’inasprimento delle pene per chi aggredisce operatori di polizia durante le manifestazioni risponde a una realtà sotto gli occhi di tutti: l’aumento preoccupante di episodi di violenza mirata contro le forze dell’ordine. Bastoni, bottiglie, bombe carta, a volte modificate con scaglie metalliche o chiodi: strumenti non di protesta, ma d’attacco. Non si tratta di isolati “eccessi”: è una strategia deliberata di delegittimazione e intimidazione. Lo Stato non può accettare che chi ne incarna l’autorità sia trasformato in bersaglio impunito.

Per questo non è un atto repressivo rafforzare le pene: è un atto di civiltà. È il riconoscimento che la violenza, quando si abbatte su chi tutela l’ordine pubblico, colpisce l’intera collettività, mina la tenuta democratica, apre la porta al disordine permanente.

 Ordine pubblico e libertà: non sono in conflitto

Particolarmente significativa è la reintroduzione della sanzione penale per il blocco stradale, in precedenza depenalizzato. Anche su questo tema il dibattito è stato acceso, e spesso travisato. Non si limita il diritto di protesta: si afferma che nessun diritto, in una democrazia, è assoluto. Le manifestazioni pubbliche sono previste dalla Costituzione all’articolo 17, che stabilisce non a caso l’obbligo di preavviso. Perché? Perché le autorità devono poter valutare l’impatto della manifestazione e adottare misure per garantire la sicurezza di tutti, manifestanti e non.

Bloccare all’improvviso una grande arteria come il Raccordo Anulare di Roma, o un nodo ferroviario, espone a pericoli immediati: incidenti, ritardi nei soccorsi, paralisi della mobilità urbana. Ma è anche un atto di prevaricazione, perché impone una forma di protesta a discapito della vita e dei diritti altrui. Il ritorno della sanzione penale ha, quindi, anche un valore simbolico: afferma che il confronto democratico non può mai avvenire a scapito della sicurezza e della libertà degli altri.

Trasparenza, responsabilità e fiducia

Non meno importante è l’estensione delle bodycam e la previsione di una tutela legale strutturale per gli operatori di polizia. La prima consente di documentare con oggettività le situazioni più critiche, proteggendo sia gli operatori che i cittadini da strumentalizzazioni e falsi ideologici. La seconda rappresenta un riconoscimento dovuto per chi, nell’esercizio delle proprie funzioni, è sottoposto a crescenti rischi fisici, giuridici e reputazionali.

Siamo di fronte a un provvedimento organico, che non rafforza solo l’apparato repressivo dello Stato, ma la sua funzione ordinante, protettiva, democratica. La sicurezza non è l’opposto della libertà: è la condizione essenziale per il suo pieno esercizio. E chi ogni giorno la garantisce ha il diritto di operare con strumenti adeguati, con trasparenza e con il riconoscimento dell’Istituzione che rappresenta.

 

Roma, 5 giugno 2025

Il Segretario Nazionale

Enzo Marco Letizia

 

Editoriale 5 giugno 2025