464-dia1Luci e ombre, critiche e spirito combattivo all’incontro promosso dalle donne e dagli uomini della DIA per far uscire allo scoperto le preoccupazioni che l’organismo progressivamente venga impoverito, di mezzi e risorse. Che con una sua cancellazione vengano annientati sforzi e successi , ma soprattutto che si indebolisca il contrasto alla criminalità organizzata. La guerra che la Dia conduce per il ripristino di condizioni di legalità, è un impegno per la democrazia.
Lo ha ricordato Don Ciotti nel rammentare con forza che quanti sono morti, quanti si sacrificano con abnegazione e pochi riconoscimenti, sono in prima linea proprio per la democrazia, che si sostiene grazie a un edificio di leggi che vanno rispettate, di dignità, una dignità che va riconosciuta a uomini e donne delle forze dell’ordine, ma anche di responsabilità. Che tutti dobbiamo esigere e esercitare individualmente e collettivamente, perché la mafia oggi fa minire ricorso alla violenza brutale. Non certo perché sia sconfitta ma perché conta su complicità e collusioni diffuse a tutti i livelli, imprese, istituzioni, pubblica amministrazione. E conta sul silenzio, sull’indifferenza e sulla tolleranza, contro la quale la società civile che è ancora largamente sana, deve vigilare, ma anche attraverso la pressione sulla politica, la denuncia, la partecipazione perché chi ogni giorno è sul campo, non sia lasciato solo. E non siano lasciati soli quei giovani, tanti e finora estranei alla malavita, che vengono assoldati ogni giorno.
Sul pericolo delle infiltrazioni e delle opache alleanze che legano criminalità e istituzioni, amministratori, imprenditori, sul rischio che si estenda il bacino dei nuovi professionisti e della nuova manovalanza tra soggetti estranei alle dinastie mafiose, è intervenuto Elio di Cesare dell’associazione Caponnetto, che ha richiamato al dovere di compiere una attenta e tenace vigilanza anche diretta a denunciare, come l’Associazione fa, collusioni e inquietanti legami che vedono coinvolti anche vertici istituzionali e personaggi insospettabili.
Fondamentali per rafforzare il sistema di anticorpi e difesa della democrazia e dell’assetto sociale sono le esperienze che si stanno conducendo sul territorio, ha ricordato Paschetto, come la nuova sezione operativa istituita a Bologna per fronteggiare su scala territoriale i fenomeni di infiltrazione. O esaltando il ruolo di nuovi indicatori per la diagnosi e la lotta come quelle indicate da Alfiero, che ha ricordato il contributo del passaggio da investigazioni sul territorio geografico a quelle sul territorio funzionale, quello dell’economia, delle banche, delle imprese, delle amministrazioni.
Per condurre questa lotta, secondo Marco Minniti, bisogna incrementare gli sforzi. Invece pare che la tendenza sia quella di portare la Dia su un binario morto, impoverendo le sue risorse economiche e professionali. La lotta alla criminalità ha bisogno di strumenti e un edificio di leggi e quindi preoccupano alcuni contenuti del codice antimafia. Ha bisogno di mezzi e va condannata e fronteggiata la tendenza a impoverire l’organismo di risorse finanziarie con tagli che sono destinati a chiudere le due esperienze centrali della lotta alla criminalità tutte e due minacciate: Dia e Dna.
Un allarme quello di Minniti ripreso con forza da Luca Palamara, che ha voluto trasmettere alla platea il sostegno dall’Associazione Magistrati. E che ha ricordato come la lotta alla criminalità organizzata deve perdere i connotati di una eterna emergenza. Era proprio lo spirito che guidò venti anni fa Falcone, l’istanza di tenere alta vigilanza e attività continuative di contrasto, con un soggetto professionale e competente e con le direzioni distrettuali. Attività che si devono muovere puntando su due aspetti: quello della specializzazione e quello delle modalità organizzative, che devono mobilitare a tutti i livelli Stato e politica, istituzioni e processi decisionali. Secondo Palamara, per rafforzare professionalità e competenza, per dotare le risorse umane di attrezzature efficaci bisogna che le risorse già depauperate, vengano invece arricchite anche da un punto di vita organizzativo, ad esempio compiendo un importante sforzo organizzativo che intervenga sulla dislocazione degli uffici giudiziari. Non si dica che le risorse non ci sono. Palamara non ha dubbi: vanno recuperate operando su tre filoni: la lotta alla corruzione, quella all’evasione e con l’antiriciclaggio, unendo gli obiettivi di riprendere il denaro sottratto allo stato e alla collettività con quello di ristabilire legalità e dignità della democrazia. Ma la lotta passa anche attraverso la possibilità di contare su tutta la gamma di strumenti necessari all’investigazione, non ultime le intercettazioni, che tanto hanno contribuito al successo di formidabili operazioni condotte in questi anni.