Il 25 settembre è una data che la nostra Repubblica non può e non deve dimenticare. In due anni diversi, a distanza di nove anni l’uno dall’altro, la mafia scelse lo stesso giorno per colpire con inaudita violenza quattro uomini che rappresentavano lo Stato e i suoi valori più alti.

Nel 1979, a Palermo, caddero sotto i colpi dei sicari di Cosa Nostra il giudice Cesare Terranova e il maresciallo di polizia Lenin Mancuso. Terranova fu tra i primi a comprendere che la mafia non era più solo un fenomeno rurale, ma stava diventando una potenza economica, capace di infiltrarsi nella pubblica amministrazione e di condizionare la vita democratica del Paese. Mancuso, che lo accompagnava da anni, ne condivise il destino, testimoniando con il proprio sacrificio il legame profondo tra magistratura e forze dell’ordine nella lotta alla criminalità organizzata.

Nel 1988, lungo la statale che collega Agrigento a Caltanissetta, furono assassinati il giudice Antonino Saetta e suo figlio Stefano. Magistrato rigoroso, Saetta non aveva mai ceduto alle minacce e alle pressioni. La mafia decise di eliminarlo per spegnere un esempio scomodo di indipendenza e coraggio. Insieme a lui, fu colpito il figlio, vittima innocente, a testimonianza di come la violenza mafiosa non abbia mai esitato a travolgere anche affetti familiari pur di affermare il proprio dominio.

Queste stragi ci ricordano che la mafia non è solo un’organizzazione criminale, ma una sfida costante alla democrazia e alla libertà. Gli uomini uccisi il 25 settembre non furono eroi inconsapevoli: erano servitori dello Stato che avevano scelto di fare fino in fondo il loro dovere, ben sapendo il rischio che correvano. La loro vita è stata spesa per un principio, quello che non ci può essere giustizia se il potere mafioso continua a imporsi con la violenza, il ricatto e la corruzione.

Oggi, a distanza di decenni, il loro esempio continua a parlarci. Non basta ricordare, occorre rendere viva quella memoria nelle scelte quotidiane della società e delle istituzioni. Significa garantire processi rapidi e giusti, proteggere chi denuncia, sostenere la cultura della legalità nelle scuole, sottrarre terreno all’arbitrio e all’illegalità.

Il 25 settembre resta una data che ci interpella: non solo un ricordo di sangue, ma un monito e un impegno. Perché la libertà e la giustizia non sono conquiste acquisite per sempre: hanno bisogno di essere difese ogni giorno, con lo stesso coraggio che Terranova, Mancuso, Saetta e Stefano hanno testimoniato fino all’estremo sacrificio.

IL SEGRETARIO NAZIONALE

ENZO MARCO LETIZIA