311-4lettera1Sig. Capo della Polizia,

è, oramai, risaputo che nell’ambito del Dipartimento di P.S. la permanenza alla Direzione Investigativa Antimafia non giova alla progressione in carriera dei Funzionari e dei Dirigenti, come riscontrato nel corso degli anni attraverso i diversi Consigli di Amministrazione che hanno visto quel personale fare il “passo del gambero” nei confronti degli altri colleghi.
Certamente non può ascriversi a “meriti D.I.A.” la recente promozione di un funzionario arrivato da appena tre mesi nella struttura investigativa.
A “demerito D.I.A.” vanno invece ascritte le innumerevoli convocazioni da parte della Direzione Centrale delle Risorse umane dei funzionari per indurli ad un rientro, con l’esplicita motivazione che “stando in DIA non si fa carriera”.
Da tale affermazione si rileva che la Direzione Investigativa viene ritenuta un’articolazione esterna al Dipartimento di P.S., quasi in competizione, ingenerando nei Funzionari la consapevolezza di essere degli “estranei in casa propria”.
Eppure, essa è una struttura di élite nella lotta alla criminalità organizzata, cui, però, non si restituisce l’attenzione che meriterebbe, tanto da lesinare anche l’assegnazione di Funzionari, determinando un vuoto di organico specialmente nei gangli vitali delle articolazioni territoriali.
Nonostante tutto, la D.I.A., grazie all’estrema professionalità acquisita negli anni dai suoi 1300 uomini, è riuscita a sottrarre alle organizzazioni mafiose quasi tre miliardi di euro, tra confische e sequestri nell’ultimo biennio, oltre ad essere un Ente di punta nell’attività di analisi sulla criminalità organizzata, la cui valenza è riconosciuta a livello internazionale.
Non si riesce proprio a capire quali siano i motivi per cui tale professionalità non giovi ai Funzionari di Polizia nella progressione in carriera.
Il Dipartimento di P.S. sembra proprio che non creda alla bontà dell’esperienza interforze almeno nell’unica, forse ingombrante, Struttura che ha, prioritariamente, un profilo operativo.
Se così fosse, allora, occorre rimeditare sull’intuizione del giudice Giovanni Falcone, espressa nella legge istitutiva, di creare un “ruolo speciale” (articolo 4 comma 5 D.L. nr 345/91 convertito con Legge nr. 410/91) per il personale in servizio nella struttura, al fine di sottrarlo ai veti delle proprie amministrazioni di appartenenza.
Noi non auspichiamo questa separazione, convinti della positività dell’esperienza operativa in ambito interforze, richiediamo, però, un’adeguata valorizzazione della seppur breve storia della Direzione Investigativa Antimafia, il cui alto contributo alla lotta alla criminalità organizzata è ampiamente riconosciuto dalle diverse aree politiche che negli anni si sono succedute alla guida del Paese.

Roma, 23 giugno 2010