118-9capoSignor Capo della polizia,

con profonda amarezza abbiamo preso conoscenza che l’Amministrazione ha inteso rideterminare il monte ore mensile di lavoro straordinario.

In particolare quello pro-capite per i dirigenti e direttivi è stato tagliato da 53 fino a 41 ore per molti uffici, mentre è rimasto invariato il limite delle 55 ore mensili massime individuali per il restante personale, pur essendo stato ridotto nella quasi totalità degli uffici il monte ore complessivo nonostante le centinaia di migliaia di ore effettuate e non pagate.

È superfluo sottolineare l’iniquità della differenziazione dei limiti massimi individuali tra Funzionari e gli altri ruoli della Polizia, comunque va evidenziato che essa è percepita come un atto demagogico che punisce ed umilia una categoria sulle cui spalle ricade il maggior peso per garantire la sicurezza civile del Paese, i tagli al bilancio del Dipartimento non vanno accompagnati da provvedimenti che mettono “il sale su ferite aperte”.

Anche Lei in molteplici occasioni ha incoraggiato i Suoi Funzionari ricordando come essi godono di una grande reputazione sia nelle attività di investigazione e di intelligence, oltre che per spirito di sacrificio ed efficienza nel garantire l’ordine pubblico in periodo di forti tensioni e di emergenze di ogni tipo. “Nemo profeta in patria”, verrebbe da dire, se troppo spesso l’abnegazione si rivela una condanna a subire un trattamento di sfavore e se dello spirito di servizio viene data l’interpretazione di comodo di una strada obbligata verso l’eroismo.

Infelice quel Paese che ha bisogno di eroi: i Funzionari di polizia preferiscono ad una dimensione epica, la realizzazione concreta e il consolidamento di un contesto di efficienza organizzativa, nel quale poter esaltare le proprie competenze, la propria professionalità, quella relazione sempre più positiva, autorevole e credibile instaurata con i cittadini, persuasi del ruolo svolto dalle forze dell’ordine di custodi delle garanzie e dei diritti democratici, oltre che soggetti di tutela delle loro vite e dei loro beni. Una consapevolezza che con sforzo e tenacia intendiamo mantenere e salvaguardare tra tante difficoltà: perché è altrettanto vero che siamo sottoposti a una formidabile pressione che erode prestigio e credibilità e mette in crisi la nostra identità di custodi all’interesse generale.

Tante volte Le abbiamo espresso gratitudine per aver interpretato il nostro malessere e Lei ne ha dato pubblica risonanza, sottolineando una deriva patologica di fenomeni che costringono gli uomini e le donne della sicurezza a lavorare in condizioni di estrema difficoltà e conflittualità, con evidenti carenze di risorse umane e finanziarie eppure gli obiettivi si raggiungono con successi che confermano le potenzialità, le capacità di reazione e la professionalità della Polizia di Stato e dei suoi funzionari. Si rassicurano, così, i cittadini sulla forza e l’autorevolezza delle Istituzione e di chi è chiamato a custodirle.

Ma c’è da chiedersi se potremo mantenere ancora a lungo la fermezza, lo scrupolo, la motivazione all’incarico dimostrata in tanti anni: c’è da temere una recrudescenza della conflittualità, fermenti e nuovi soggetti premono ai confini reali e virtuali del nostro territorio con bisogni e rivendicazioni, viviamo una delle più forti crisi economiche e sociali che abbiano percorso il mondo moderno. Inoltre essa possiede anche i connotati di una temibile crisi di valori, di principi, di capisaldi morali che potrebbe colpire anche i nostri ranghi qualora misure inique ed irriconoscenti incrementassero la disaffezione, l’insoddisfazione, il risentimento.

La questione è assai seria e potrebbe rappresentare un pericoloso detonatore dell’accendersi di un malessere, comprensibile e giustificato, in una categoria che più di ogni altra qualifica subisce la pesante decurtazione di quanto dovuto, in base al lavoro realmente effettuato. Configurando un trattamento che mortifica chi ha il compito di tenere alto morale e speranza nella Polizia di Stato così come tra i cittadini con i quali interagisce ogni giorno, ascoltando e dando sbocco positivo ad aspettative e esigenze.

Non Le nascondiamo che anche il tempismo oltre che l’oggetto della comunicazione è inopportuno e controproducente per gli interessi dell’intera Amministrazione oltre che per le sue ripercussioni all’esterno: a breve si terrà il Consiglio di Amministrazione che sancirà i progressi di carriera e molti saranno i disillusi per la mancata promozione, incrementando i motivi di insoddisfazione sia dal punto di vista squisitamente professionale e delle legittime aspettative che da quello economico.

Ci domandiamo, al punto in cui siamo arrivati, che fine hanno fatto le risorse che dovevano provenire dal Fondo Unico Giustizia, che l’attività dei colleghi, in servizio presso le Divisioni Anticrimine delle Questure, hanno alimentato ed alimentano quasi quotidianamente con le misure patrimoniali.

Ancora una volta dunque ci rivolgiamo a Lei perché si faccia interprete del malessere e della nostra preoccupazione, come altre volte ha voluto fare, testimoniando con interventi positivi la vicinanza ai Suoi Funzionari con i quali condivide la responsabilità della Sicurezza del Paese.

Il Segretario Nazionale
Enzo Marco Letizia

LETTERA AL CAPO DELLA POLIZIA DEL 16 MAGGIO 2011