RELAZIONE INTRODUTTIVA
CONVEGNO DEL 10 MAGGIO 2012
CONTRASTO ALLA CORRUZIONE E ALLE MAFIE. EXPO, BANCO DI PROVA – MILANO

Sono passati vent’anni da quel 17 febbraio 1992 quando esplose il caso Tangentopoli. Le statistiche giudiziarie incoraggerebbero a dire che se non è stata vinta, la battaglia contro la corruzione abbia registrato molti successi. Mani Pulite aveva portato alla luce un sistema di corruzione generalizzato, finalizzato, ma non solo, al finanziamento illecito dei partiti. Ci si era illusi che per fermare quelle devianze del sistema democratico bastassero i procedimenti giudiziari. Oggi, grandi scandali che si susseguono mostrano che il malcostume è sempre più diffuso, favorito da leggi che hanno premiato l’interesse privato e la pratica di licenze, condoni, scudi scavando un solco quasi incolmabile tra ceto dirigente e società.
I cittadini, quindi, hanno bisogno di azioni determinate che dimostrino la volontà di intervenire con decisione per contrastare quelle che sono avvertite come le due principali cause del declino del Paese e della diseguaglianza sociale: la corruzione e l’evasione fiscale.
Il filo che le unisce è palese: la prima è la principale fonte di accumulazione della provvista necessaria per pagare il prezzo dei corrotti. I due fenomeni impiegano gli stessi espedienti, sia per celare i redditi sia per dissimulare il compenso della corrutela. Le inchieste più recenti rivelano che alla corruzione tradizionale quella delle mazzette passate sottobanco al burocrate o all’eletto di turno, si sono sostituite procedure più sofisticate, in una evoluzione del sistema del malaffare che è stato definito “gelatinoso”, nel quale gravitano imprenditori, pubblici funzionari, rappresentanti di partito e che intride la società, combinando attività trasparenti e azioni illegali, trasformando l’illecito e clandestino in visibile e legittimo. Per questo le opere pubbliche e insospettabili compravendite sono diventate il territorio preferito per le scorrerie della criminalità che lo usa come teatro per ripulire la facciata dei traffici.
Uno dei sistemi “di moda” consiste ad esempio nell’occultare una tangente dietro a una caparra per la vendita di un bene che non si comprerà mai, impedendo così l’identificazione dello specifico atto di favoritismo, il cui accertamento è invece indispensabile dalla specifica norma penale sulla corruzione. Si genera così una sempre più fitta trama di omertà, paragonabile per impenetrabilità a quella mafiosa, che ne mutua modi e sistemi e la rende aperta proprio all’ingresso dei suoi attori.
Oggi, inoltre, constatiamo che il capitale legale sempre più spesso viene trasformato in capitale clandestino, congiungendosi, sempre di più, con l’attività di riciclaggio di denaro sporco e costituendo, in tal modo, l’aera di saldatura con le organizzazioni criminali di stampo mafioso.
Inoltre non si può sottacere il sistema di reciproci interessi che lega il ceto politico-amministrativo e le mafie. Infatti non vi è settore della Pubblica Amministrazione nel quale le indagini non abbiano registrato e dimostrato il dispiegarsi dell’illecita influenza dei gruppi criminali, direttamente ovvero per il tramite di figure imprenditoriali o politiche espressive degli stessi interessi criminali. Così, non vi è indagine su organizzazioni di stampo mafioso che non riveli preoccupanti fenomeni di penetrazione corruttivo-collusiva nelle istituzioni.
Perciò, guardiamo con partecipe interesse alle misure di lotta all’evasione che il Governo sta mettendo in campo. E non solo per le ricadute economiche che possono comportare, ma soprattutto per il significato morale di una azione di ripristino di condizioni di legalità e di autorevolezza delle istituzioni e della politica. Però restiamo sconcertati che nella proposta governativa delle azioni incriminate nel pacchetto anticorruzione c’è l’eliminazione della condotta per induzione nel reato di concussione. Perciò, constatiamo con amarezza che non c’è nessuna discontinuità con quella linea politica che ha finito per depotenziare l’opera dello Stato al contrasto dell’economia criminale con scudi, condoni, prescrizioni brevi, depenalizzazione del falso in bilancio, d’altronde la lobby degli evasori e dei corruttori, assolutamente trasversale, esercita una pressione che vale di 180 miliardi di euro, di cui 60, secondo le stime della Corte dei Conti, appartengono all’odioso sistema della corrutela, speriamo che il parlamento sappia porvi rimedio.
Comunque non faremmo molta strada nella lotta alla corruzione solo con l’inasprimento delle pene o l’introduzione di nuove figure di reato, senza un sistema di controlli che vigili in modo attivo sulle transazioni di denaro a favore di funzionari pubblici, di portaborse e politici. Il nostro Paese ha maturato una rete efficiente di controlli sulle operazioni sospette di riciclaggio, è giunto il momento di adattare il sistema antiriciclaggio alle esigenze specifiche della lotta alla corruzione in modo diretto richiedendo la collaborazione attiva del mondo bancario e dell’intermediazione finanziaria. Al riguardo, va creato un sistema coordinato tra l’Agenzia delle Entrate, la Consob, la Banca d’Italia, la DDA e la DIA, con uffici di collegamento di quest’ultimi due organismi nei presidi di controllo finanziario, per realizzare concretamente l’obbiettivo di contrastare la corruzione, la porta d’ingresso delle mafie sia nelle economie territoriali che negli ambienti politico-istituzionali. Ma attenzione se la Politica non riprende a controllare se stessa, la guerra alla corruzione ed alle mafie è persa in partenza, il mondo della Politica non può pensare di delegare la funzione di pulizia e di prevenzione alla sola azione della magistratura e degli organi investigativi, deve assumersi le proprie responsabilità con la reintroduzione delle Commissioni Regionali di Controllo, le quali non esercitavano solo un controllo di legittimità, bensì svolgevano anche, se non soprattutto, una profonda verifica politica sui soggetti, sui contenuti, sull’efficacia e la validità sostanziale degli incarichi e degli appalti pubblici sia sugli enti locali sia sulle aziende sanitarie. L’esplosione della corruzione è dovuta principalmente dall’abdicazione della politica a far pulizia in casa propria. Al riguardo, Il ruolo di supplenza svolto dalla magistratura e dagli investigatori, alla lunga, genera insidiose tensioni tra le Istituzioni e scontri di cui tutti noi faremmo volentieri a meno.
Ma vediamo cosa può essere fatto, già ora, utilizzando al meglio le opportunità che le norme ci offrono, già nel lontano 1998 la Commissione europea (relatore Bosch) ebbe a sottolineare che “…la procedura disciplinare e l’obbligo di risarcimento sono non meno importanti di un’efficace azione penale per esercitare un effetto di dissuasione nei confronti della frode e della corruzione”.
In questo senso la magistratura contabile può costituire un valido supporto per la magistratura penale che permetterebbe di superare le problematiche sul rapporto tra sequestro preventivo e confische dei beni del corrotto. Al riguardo, la Suprema Corte di Cassazione, a sezioni unite, ha rappresentato “la necessità che il legislatore provveda a disciplinare in modo sistematico tutte le ipotesi di confisca obbligatoria e di confisca per equivalente, già previste con norme frammentarie e prive di coordinamento” (Cass. pen. n. 38691/2009).
Tali difficoltà possono essere superate con la magistratura contabile atteso che il PM erariale può chiedere al Presidente della Sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti un sequestro conservativo per sottoporre a vincolo cautelare, a garanzia patrimoniale dell’Amministrazione danneggiata, tutti i beni dell’autore del reato anche se non hanno alcuna pertinenza con il profitto, il prezzo o il provento del reato.
Il Presidente della sez. giur. della Corte dei conti territoriale con decreto può autorizzare, in assenza di contraddittorio inaudita altera parte, il sequestro dei beni del convenuto, salvo successiva convalida, conferma e modifica da parte del giudice designato.
Al riguardo è bene chiarire che il sequestro conservativo in sede di giudizio contabile è pacificamente cumulabile con i sequestri preventivi emessi in sede penale sui medesimi beni; né si pongono problemi di sovrapposizione tra confisca per equivalente (in favore del Ministero della Giustizia) e sequestro conservativo contabile (in favore dell’Amministrazione danneggiata nel cui interesse agisce il PM contabile) atteso che l’art. 19 del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 così recita: “Nei confronti dell’ente è disposta, con la sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato, salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato.”; conseguentemente il sequestro conservativo disposto dal giudice contabile prevale rispetto alla misura cautelare penale (sequestro preventivo e successiva confisca) disposta sui medesimi beni.
Aggiungasi che nell’ottica di evitare la dispersione dei beni da parte del soggetto ritenuto responsabile in sede giurisdizionale contabile il legislatore ha anche riconosciuto al PM contabile il potere di esperire, tra i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. (1), da promuovere sempre nel processo dinanzi alla Corte dei conti (2).
L’intervento della Procura contabile, integrativo di quello della Procura penale, nella lotta alla corruzione in sintesi consente di:
1) affermare la responsabilità amministrativa-contabile dei soggetti pubblici, citati in giudizio dal PM contabile, anche in caso di estinzione per prescrizione dei reati ascritti in sede penale, atteso che il “Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni decorrenti …in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta” (art.1, co.2, della l.14 gennaio 1994, n.20) ovvero, secondo orientamento prevalente della giurisprudenza contabile, dalla data della richiesta di rinvio a giudizio del PM penale (si veda art.129 disp. att. c.p.p.);
2) autorizzare il sequestro conservativo ‘ante causam’ anche su beni mobili ed immobili che non costituiscono il prezzo o il profitto del reato, ovviando ai limiti sussistenti per l’attivazione dei sequestri preventivi in sede penale;
3) condannare al risarcimento di parte del danno, in via sussidiaria, anche i pubblici funzionari, non coinvolti in sede penale, che hanno omesso, con grave negligenza, i doverosi controlli in sede amministrativa sulla legittimità degli atti emessi dai soggetti coinvolti in sede penale, a titolo di corruzione propria.
Le iniziative cautelari sopra richiamate risultano tuttavia efficaci nella misura in cui si realizza una piena collaborazione istituzionale della Procura erariale con i titolari delle indagini preliminari penali; deve essere in definitiva assicurato un tempestivo ed esaustivo flusso di informazioni.
Un’ultima ma non meno importante riflessione a quella sulla centralità della persona: si possono approvare innovativi e promettenti testi normativi ma dobbiamo essere consapevoli e consci che non esiste un sistema o modello organizzativo in teoria più virtuoso rispetto ad altri se la selezione della dirigenza pubblica, della magistratura e della classe politica non si ispiri al principio dell’etica della responsabilità pubblica nonché al principio della meritocrazia.
Occorre dunque un quadro normativo, un potenziamento ed un raccordo delle forze in campo, ma soprattutto una grandiosa opera di ricostruzione morale.
Abbiamo scelto Milano per questo confronto. Una città forte, dinamica, attiva. Ma anche per questo vulnerabile alla aberrante conversione degli affari in malaffare, alla penetrazione in un tessuto sano del contagio dell’illegalità, alla perversione della ricchezza in iniquità, con le pratiche di evasione e di riciclaggio.
Milano corre il rischio di diventare il contesto simbolico dell’incrocio maligno tra corruzione, reati fiscali, infiltrazione della criminalità organizzata. La criminalità economica che si sviluppa e si nutre laddove ci sono attività produttive più intense, ha ribadito Mario Draghi, infiltra le pubbliche amministrazioni, inquina la fiducia tra i cittadini, dissuade gli investitori, ostacola il funzionamento del mercato e accresce i costi della vita economica e civile. Così una metropoli ricca e attiva può diventare un copro soggetto all’aggressione di agenti patogeni che mettono a repentaglio la competitività, l’iniziativa, la qualità abitative, lo svolgersi di una ordinata e armoniosa vita democratica.
L’Expo rappresenta certamente una sfida in questo senso: una grande opportunità economica che può trasformarsi nel banco di prova di efficaci sperimentazioni per procedure, assegnazioni e esecuzioni di opere, improntate alla trasparenza, all’efficienza, alla competenza, alla sostenibilità ed alla tutela dell’interesse generale.
E Milano può accreditarsi a pieno titolo come la città dalla quale far partire una lobby della legalità che veda insieme soggetti di garanzia, istituzioni, poteri locali, mondo di impresa e società civile.

Enzo Marco Letizia

_______________________
1 L’art. 1, comma 174, della legge 23 dicembre 2005, n. 2006 così dispone: “Al fine di realizzare una piu’ efficace tutela dei crediti erariali, l’articolo 26 del regolamento di procedura di cui al regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, si interpreta nel senso che il procuratore regionale della Corte dei conti dispone di tutte le azioni a tutela delle ragioni del creditore previste dalla procedura civile, ivi compresi i mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale di cui al libro VI, titolo III, capo V, del codice civile.”
2 Cass. sez. un., 25 settembre-22 ottobre 2007, n. 22059