31-6cons-amministrazioneSignor Capo della Polizia,

la prossima riunione del Consiglio d’Amministrazione è attesa con trepidazione dai Funzionari di Polizia che da anni attendono azioni concrete che riconoscano la loro professionalità e valorizzino la specificità del loro ruolo e delle loro competenze, appagando le legittime aspettative di carriera e remunerazione troppo volte disattese.

Ed è per questo che sottoponiamo alla Sua riflessione le nostre istanze e le nostre riflessioni, delle quali ci auguriamo voglia farsi interprete e auspichiamo siano oggetto di una reale assunzione di responsabilità da parte dell’Amministrazione, dimostrando all’interno ed all’esterno la volontà di percorrere la strada della riqualificazione e moralizzazione dell’istituzione.

L’assenza di regole certe che garantiscano una reale trasparenza dei procedimenti finalizzati alla promozione alla qualifica superiore e che vincolino ragionevolmente la decisione a parametri di giudizio oggettivi, grazie alla fissazione per tutti di un’analoga base di partenza e di seri e periodici percorsi di formazione ed aggiornamento, costituisce fonte di malessere tra i nostri funzionari, penalizzati da decisioni che sembrano dettate dalla discrezionalità che viene percepita sempre più spesso come arbitrio. Come d’altronde è stato osservato in un pronunciamento del Consiglio di Stato, che così recita: “un consolidato indirizzo giurisprudenziale, pur riconoscendo all’organo di vertice dell’Amministrazione, nell’ambito di una procedura di scrutinio per merito comparativo un’ampia discrezionalità proprio per la mancanza di precisi e predeterminati elementi di valutazione, le impone un particolare obbligo di dare conto degli elementi effettivamente in considerazione e idonei a consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito”.

Stante così le cose, al mancato formale riconoscimento delle peculiarità che caratterizzano, all’interno della Polizia di Stato, le funzioni svolte dal ruolo direttivo, si aggiunge la totale incertezza sulla progressione interna, in merito alla quale l’Amministrazione non ha finora inciso in maniera significativa ed efficace. La questione del ritardato riconoscimento della carriera unitaria e dirigenziale, all’interno dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza, sta generando ogni tipo di difficoltà gestionale nel rapporto, sia con il personale dell’Amministrazione civile dell’Interno sia con quello della carriera prefettizia. Infatti, uno degli effetti del disallineamento comporta inevitabili ripercussioni negative sull’organizzazione e sulla preposizione alle articolazioni interne degli uffici e, dunque, sulla gestione e proficua convivenza delle due componenti nell’ambito degli uffici sia Centrali che periferici dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza.

La certezza di un percorso formativo e di carriera costituisce atto preliminare e necessario anche a fronteggiare il problema “dell’emergenza anagrafica”. L’età media dei Funzionari di Polizia nelle varie qualifiche è elevata: Dirigente Generale 61 anni, Dirigente Superiore 59 anni, Primo Dirigente 55 anni, Vice Questore Aggiunto 44 anni, Commissario Capo 36. L’età media dei prescelti per il corso di formazione dirigenziale si è elevata, oramai, a 48 anni. Ancora, i Funzionari Direttivi nati negli anni sessanta sono oltre 1500, e nei prossimi 10 anni, nella migliore delle ipotesi (ci sono ancora quelli degli anni cinquanta e sono oggi interessati anche quelli nati negli anni sessanta) solo uno su tre accederà alla qualifica dirigenziale, come mostra il dato medio dei promossi nell’ultimo quinquennio. Si tratta di un problema annoso e che con gli anni assume sempre più le caratteristiche di una “bomba ad orologeria” dagli effetti potenzialmente disastrosi, per l’inevitabile incancrenirsi della patologia, per lo stato di malessere e disillusione dei funzionari e perché si accorcia sempre di più l’arco temporale entro il quale si può sperare siano finalmente soddisfatte le legittime aspettative.
Come andiamo ripetendo, la soluzione a nostro parere consiste nella razionale e globale riforma della nostra carriera che dovrà essere unica e dirigenziale, come già altre Amministrazioni dello Stato hanno fatto, da tempo, con i medici, i prefettizi, i diplomatici, i direttori delle carceri, i funzionari degli enti locali, ecc. La stessa Arma dei Carabinieri ha disinnescato la mina della demotivazione, nel suo assetto militare-organizzativo, ampliando notevolmente i posti funzione dirigenziali.
Ci auguriamo che anche la nostra Amministrazione dimostri la volontà di cambiamento, decidendo sulla base di elementi ed ineludibili principi di meritocrazia, e riconoscendo così i meriti di quei colleghi che vantano, in realtà, un efficace e valido percorso professionale, che hanno maturato un’elevata preparazione professionale, indispensabile al corretto esercizio di quei compiti di coordinamento che saranno chiamati ad esercitare ulteriormente.

Roma, 17 giugno 2013

Enzo Marco Letizia

LETTERA AL CAPO