36-festapolizia_istitutosuperioreGentile Redazione,

il 28 marzo “La Repubblica” ha scritto in prima pagina : “L’ultima offesa a Aldrovandi, i poliziotti in strada contro la madre” (sottotitolo: “La pietà è morta”).

Non è certo facile intervenire su una vicenda come questa, ma la profonda e sincera passione civile che anima il nostro operato, ci impone di cercare le parole giuste con il solo obiettivo di evitare che allo sdegno ed alla riprovazione per un’iniziativa che appare incomprensibile, possa aggiungersi una generalizzata delegittimazione dell’intera Polizia di Stato.

Da anni l’Associazione Nazionale Funzionari di Polizia è attivamente impegnata sul delicato e complesso tema della sicurezza pubblica e del suo inscindibile rapporto con i diritti di libertà, nel tentativo di scongiurare il rischio di rimanere isolati in una sostanziale autoreferenzialità, che pretenderebbe di legittimare l’istituzione che rappresentiamo semplicemente in virtù della sua stessa esistenza.

Lo abbiamo fatto con convinzione e costanza in un periodo comunque assai difficile per la vita del Paese, a fronte di continue e demagogiche strumentalizzazioni del concetto di sicurezza pubblica, tanto più pericolose in un contesto nel quale la profonda disaffezione e la sfiducia maturata nei confronti del sistema politico hanno rischiato e rischiano tuttora di accrescere meccanismi di disgregazione a livello sociale e di alienazione del singolo rispetto alle istituzioni che lo rappresentano e dalle quali dovrebbe, invece, sentirsi tutelato.

In conformità al dettato costituzionale, abbiamo costantemente sostenuto che in un paese civile e democratico il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica non possa che rimanere affidato ad una forza di polizia ad ordinamento civile.

Ci siamo sforzati di dimostrare, anche con il coinvolgimento del mondo accademico, dei media, di componenti della società civile, che non può più essere nemmeno immaginata una sicurezza pubblica fondata su un controllo gestito dall’alto, di cui il singolo sia solo un passivo fruitore, ma che è indispensabile – per il concreto ed effettivo riconoscimento dei diritti individuali – un sistema che sia in grado di rendere ciascuno capace di farsi carico di un più complesso articolato di responsabilità a livello sociale, volto alla “riattivazione di quei sistemi normativi informali che rappresentano l’unica possibilità offerta alle società umane di non ricorrere sempre e comunque alla rigidità della regolazione giuridica”.

Se sottolineiamo tutto questo non è certo per ragioni di sterile accademia, ma è perché siamo serenamente convinti del fatto che la vicenda umana e processuale che ha coinvolto la signora Patrizia Moretti, pur essendo in primo luogo certamente una straziante esperienza di dolore (del DOLORE per eccellenza), non possa tuttavia rimanere confinata “solo” ad una dimensione essenzialmente personale.

La morte di Federico Aldrovandi rappresenta la sostanziale negazione del modello che con forza ed impegno cerchiamo da tempo di sostenere.

Le scuse che il Capo della Polizia Antonio Manganelli in questa, come in altre gravi occasioni, si è sentito in dovere di porgere alle persone così duramente colpite dal comportamento di appartenenti alla Polizia di Stato non possono certo essere considerate un elemento meramente formale.

Sono le scuse di un’istituzione che sente di aver sostanzialmente negato se stessa. Sono anche le nostre scuse. Nostre e di tutti coloro che quotidianamente interpretano il proprio lavoro come un impegno ad esclusivo servizio della collettività.

Vorremmo che in questo – anche con il vostro aiuto – la collettività possa continuare a credere.

Alcuni poliziotti non sono “I POLIZIOTTI” e la pietà non sarà comunque mai morta finché essa continuerà a vivere nel cuore dei giusti e degli onesti.

IL VICE SEGRATARIO NAZIONALE VICARIO
D.SSA LORENA LA SPINA

Roma, 30 marzo 2013

IL RICHIAMO ALLA LETTERA NELLL’ARTICOLO DE LA REPUBBLICA DEL 30 MARZO 2013