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Signor Presidente del Consiglio, Signor Ministro dell’Interno,

in data 8 u.s. abbiamo appreso che, contrariamente a quanto era stato prospettato, non si procederà, nei confronti degli insegnanti, al recupero delle somme già erogate in riferimento agli scatti di anzianità maturati a partire dal 1° settembre 2011.

Si tratta, come noto, di una categoria di pubblici dipendenti colpita – al pari degli operatori del Comparto Sicurezza – dagli effetti del blocco economico disposto dall’art. 9 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78.

A due giorni di distanza, il 10 u.s., è stato, inoltre, approvato dal Consiglio dei Ministri il c.d. “strumento militare”, in merito al cui esatto contenuto siamo in attesa di più chiare indicazioni.

L’art. 8, co. 11 bis del citato d.l. n. 78/2010, per limitare gli effetti pregiudizievoli del blocco economico nei confronti del personale delle Forze di Polizia e delle Forze Armate, istituì il c.d. “fondo di perequazione” ed in sede di conversione del D.L. 26 marzo 2011, n. 27 venne prevista la possibilità che lo stesso fondo venisse alimentato anche attraverso le risorse disponibili sul Fondo Unico Giustizia.

La specificità del Comparto Sicurezza – riteniamo, a questo punto, sia necessario ribadirlo – è sancita dall’art. 19 della l. 4 novembre 2010, n. 183, il cui comma 1 stabilisce quanto segue:
“Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”.

Come si ricorderà, le Commissioni Riunite I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni) e XI (Lavoro pubblico e privato), nel pronunciarsi sullo “Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di proroga della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti”, in data 19 giugno 2013, hanno espresso parere favorevole “con condizioni”.

Le numerose ed articolate considerazioni formulate nel corpo del parere si rivelano, a nostro avviso, di fondamentale importanza per un corretto inquadramento del blocco economico, dei suoi effetti, della proroga disposta anche per il 2014, oltre che della citata “specificità” del nostro Comparto.

Osservano, infatti, le Commissioni:

– il blocco economico disposto a partire dal 2010, inizialmente per un triennio, poi prorogato fino a tutto il 2014, penalizza i pubblici dipendenti in misura decisamente onerosa, né pare strumento adeguato a fronteggiare la crisi economica che sta attraversando il nostro Paese;
– il blocco ha inciso anche sulla indennità di vacanza contrattuale, il cui adeguamento sarebbe stato invece indispensabile proprio nelle more del rinnovo del contratto, così da determinare una forte perdita del potere d’acquisto di retribuzioni già di per sé francamente esigue ed inadeguate a remunerare il personale, a fronte dei gravi rischi e delle peculiari responsabilità che su di esso gravano;
– più che comprensibile appare la forte depressione motivazionale di una categoria di lavoratori della cui specificità la politica sembra essersi del tutto dimenticata;
– la provvisorietà e l’eccezionalità delle misure disposte appare, peraltro, sconfessata dalla proroga varata per il 2014. La proroga del blocco rischia di trasformare la misura del blocco da intervento eccezionale in vera e propria deroga al sistema di adeguamento delle retribuzioni;
– alla base del blocco si annida l’errata considerazione per la quale il pubblico impiego costituisce un ostacolo alla crescita economica del Paese;
– per il Comparto Sicurezza, rispetto alla P.A. nel suo insieme, gli effetti del blocco sono resi ulteriormente pregiudizievoli dalla peculiare struttura del trattamento economico, basata in prevalenza sulla progressione di carriera e sull’anzianità, con un diverso peso del trattamento fisso rispetto alle indennità accessorie;
– alla luce dell’art. 36 Cost., i lavoratori devono avere adeguamenti contrattuali correlati all’andamento dell’inflazione;
– i principi di eguaglianza e buon andamento, di cui agli artt. 3 e 97 Cost., sono compromessi dalla presenza, nella stessa Amministrazione, di dipendenti che svolgono la stessa attività, ricoprono la medesima qualifica ed hanno analoghe responsabilità, ma hanno maturato una progressione di carriera in tempi diversi e percepiscono, per effetto del blocco, trattamenti economici difformi e sperequati;
– i dati forniti dall’ISTAT rivelano che, nel biennio 2011-2012, la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni contrattuali del settore pubblico è stata di oltre 5 punti e per il 2013 l’aspettativa è di una ulteriore riduzione delle retribuzioni in termini reali. E’ stato, poi, calcolato che l’estensione del blocco anche al 2014 determinerà un’ulteriore perdita del potere d’acquisto per il settore pubblico, pari a circa 4 punti percentuali;
– sulla base dei dati forniti dall’ARAN in relazione alla massa complessiva del costo del lavoro, emerge che nel 2011 si è avuta una contrazione pari all’1,6% rispetto al 2010 e pari al 2,3% rispetto al 2012, dovuta alla somma tra l’effetto del calo delle retribuzioni pro-capite e la riduzione del numero degli occupati. A ciò consegue un riallineamento della curva di crescita delle retribuzioni del settore pubblico rispetto a quelle del settore privato ed un riassorbimento della maggiore crescita che dalla prima metà del 2000 si era registrata a favore dei primi;
– il blocco della contrattazione collettiva pregiudica ogni prospettiva di crescita della P.A., compromettendo anche la soluzione di problemi che coinvolgono processi di innovazione tecnologica, organizzativa e di sviluppo;
– attesa la specificità ed i rilevanti compiti affidati agli operatori del Comparto Sicurezza e Difesa, è necessario che per tali categorie sia prevista la possibilità di negoziare il rapporto di lavoro. Peraltro, in questo settore (a differenza che nel settore privato, ove i contratti collettivi nazionali quadro danno la possibilità di procedere ad alcune modifiche degli aspetti normativi, pur se ad invarianza di spesa), considerato che l’ordinamento pubblicistico è caratterizzato dalla rigidità del carattere triennale della negoziazione, non è possibile procedere ad alcuna modifica degli aspetti del rapporto d’impiego;
– agli operatori dei Comparti Difesa, Sicurezza e Soccorso Pubblico una condizione di specificità è riconosciuta dalle norme in vigore, per cui l’obiettivo di rafforzare tale specificità potrebbe essere perseguito anche valutando la possibile attivazione di una specifica concertazione in materia con le amministrazioni e gli organismi rappresentativi del personale, qualora vi fosse la possibilità di reperire – ove effettivamente disponibili – le necessarie risorse attraverso il «Fondo unico giustizia», attingendo ai risparmi derivanti dalle missioni internazionali e alle risorse eventualmente utilizzabili per le spese obbligatorie sui bilanci delle amministrazioni, di cui all’articolo 1, comma 3, del d.l. n. 27 del 2011 e dando indirizzi diversi a risorse già allocate per il personale;
– vi sono, paradossalmente, casi in cui a soggetti che hanno una posizione gerarchica sovraordinata viene corrisposta una retribuzione nel complesso inferiore rispetto a quella di figure con qualifica meno elevata;
– il Governo avrebbe comunque potuto valutare interventi atti ad autorizzare le amministrazioni competenti – nell’ambito dei risparmi di spesa ottenuti all’interno dei propri bilanci ordinari e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica – ad individuare eventuali misure che, superando il blocco economico, fossero dirette a mitigare il demotivante e paradossale impatto di tale blocco sulle cosiddette «promozioni bianche».

Il parere favorevole viene espresso dalle Commissioni riunite a condizione che:

1) le misure disposte abbiano carattere eccezionale e provvisorio, così da scongiurare qualunque ulteriore proroga, che finirebbe per introdurre una deroga al sistema di adeguamento retributivo;
2) il Governo adotti ogni utile iniziativa volta a garantire, subito dopo l’entrata in vigore del decreto, il riavvio della contrattazione a livello normativo, modificando lo schema nella parte in cui ha congelato la stessa contrattazione collettiva fino al 31/12/2014, fermo restando che gli effetti economici potranno decorrere solo a partire dal 2015.

Degne di nota appaiono anche le considerazioni di alcuni parlamentari che hanno espresso, invece, parere negativo alla proroga del blocco:

– la scelta viene definita “iniqua e recessiva”, perché si inquadra nel complessivo sistema di tagli lineari che deresponsabilizza Parlamento e Governo, omettendo di risolvere alla radice i reali problemi economici e finanziari del Paese e di affrontare la lotta agli sprechi ed alla corruzione;
– le spese per le retribuzioni della P.A. sono assolutamente in linea con quelle della media degli altri Paesi industrializzati e sono inferiori rispetto a Francia (caratterizzata da una P.A. “forte”), Spagna, Stati Uniti e Gran Bretagna;
– risulta, invece, del tutto eccezionale ed incontrollata la spesa per i consumi intermedi della P.A., per gli acquisti e gli appalti in genere;
– la Corte dei Conti ha, del resto, quantificato in 60 miliardi di euro il costo della corruzione in Italia;
– se nel settore pubblico si volesse partire dall’eliminare alcuni privilegi, si potrebbe cominciare dalla riduzione dei benefit esagerati ai prefetti, considerato il dignitoso trattamento economico in godimento, oppure l’indennità di ausiliaria per i militari, che da sola costerà alla casse dello Stato – nel 2013 – 430 milioni di euro, con un incremento del 21% rispetto al 2012. Per pagare l’indennità di vacanza contrattuale a tutti i dipendenti pubblici basterebbe il 50% di tale spesa; per aiutare le misure di risanamento dei conti – anziché gravare sui lavoratori – si potrebbe, ancora, rivedere tutta la spesa per nuovi armamenti, a partire dai costosi ed inutili F35, che negli ultimi venti anni ha portato a comprare mezzi che sono diventati obsoleti senza essere mai stati utilizzati, ma per la cui manutenzione ogni anno si spendono centinaia di milioni di euro;
– il Governo potrebbe aiutare l’efficienza della P.A. e derivare ingenti risparmi da un impegno senza precedenti contro la corruzione, con la predisposizione di una legga seria, sul modello di quelle europee;
– emerge dai dati dell’anagrafe delle prestazioni del Ministero della Funzione Pubblica, nonché da altre concordanti elaborazioni statistiche relative ai bilanci preventivi dello Stato, per l’anno 2012, che le finanze pubbliche hanno dovuto sostenere pesanti costi per consulenze esterne affidate dalle pubbliche amministrazioni a vari professionisti, con esborsi che hanno toccato il livello di euro 1.541.671.620;
– uno specifico vaglio dell’utilità dei rapporti contrattuali tra la P.A. ed i consulenti esterni può e deve consentire di eliminare, previa individuazione, quei rapporti da considerarsi superflui o assorbibili nelle mansioni di dipendenti in organico alla P.A, anche altamente professionalizzati;
– risulta assente, nello schema di D.P.R., un’attenta distinzione dei livelli retributivi e delle posizioni economiche, colpendo indiscriminatamente i livelli retributivi più deboli e maggiormente provati dalla perdita di potere d’acquisto, mentre sarebbero auspicabili politiche che vadano ad incidere sui veri sprechi della P.A. e delle società in house, quali il ricorso alle consulenze e ad altre forme di esternalizzazione con conseguente contenimento della spesa e risparmio da utilizzare per dare respiro alla contrattazione del pubblico impiego;
– anziché deprimere ulteriormente i livelli retributivi dei lavoratori alle dipendenze della pubbliche amministrazioni e sospenderne ulteriormente i diritti è, altresì, auspicabile la ripresa dell’attività contrattuale per restituire ai dipendenti pubblici il diritto ad avere un contratto collettivo, fonte costituzionalmente tutelata (articolo 35 Cost.) per regolare i diritti del lavoro.

Alle illuminanti riflessioni sin qui sintetizzate, aggiungiamo che alla base del blocco relativo al Comparto Sicurezza si annidano anche gli effetti di una politica miope e priva di progettualità, che continua a considerare la sicurezza come un costo, piuttosto che come una risorsa per il nostro Paese.
Eppure abbiamo dimostrato con studi e ricerche che le attività illegali alterano la competizione ed il mercato e costituiscono un costo aggiuntivo per le comunità ed i territori ove esse allignano.

In Italia il peso dell’economia sommersa è stimato, secondo i dati della Banca d’Italia, al 31% del PIL. Le mafie frenano la crescita del Paese e nelle regioni del meridione impediscono di fatto lo sviluppo economico ed imprenditoriale. L’influenza della criminalità organizzata e dei reati commessi dai c.d. colletti bianchi determina, tra l’altro, un aumento del costo dell’accesso al credito per le imprese, i cittadini, le banche, con effetti fortemente afflittivi sull’iniziativa economica.

Investire sulla sicurezza significa, quindi, anche investire sulla ripresa economica del nostro Paese. E ciò non può che passare, prioritariamente, anche attraverso il dovuto riconoscimento delle professionalità e delle responsabilità, del tutto peculiari e non comuni agli altri settori del pubblico impiego, che gravano sugli operatori delle Forze di polizia.

Non possiamo fare a meno di sottolineare che, all’interno della Polizia di Stato, il ruolo dirigenziale e quello direttivo, che indiscutibilmente gestiscono ogni giorno le maggiori responsabilità, subiscono in misura ancora più pesantemente negativa gli effetti del blocco, percependo spesso retribuzioni inferiori ed indennità analoghe o inferiori a quelle del personale dei restanti ruoli, che pure sono chiamati a coordinare.

Sorprende, poi, che la Corte costituzionale, con la recente sent. n. 310 del 17 dicembre 2013, nel pronunciarsi – respingendola – sull’eccezione di illegittimità costituzionale avverso il blocco economico relativo ai docenti universitari, abbia avuto modo di affermare che: “Né è ravvisabile la lesione dell’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, atteso che, come questa Corte ha più volte affermato, il legislatore può anche emanare disposizioni che modifichino in senso sfavorevole la disciplina dei rapporti di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, sempre che tali disposizioni «non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sentenze n. 166 del 2012, n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009); situazione che nella specie non può dirsi sussistente”.

E allora, il blocco di tutti gli automatismi stipendiali incide su diritti soggettivi perfetti, ma è legittimo – a parere della Corte – nella misura in cui, con riguardo a situazioni fondate su leggi precedenti (come nel nostro caso), non si traduca in una disciplina irrazionale, tale da pregiudicare l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, considerata elemento fondamentale dello Stato di diritto.

Alla luce della proroga del blocco anche per il 2014, ci chiediamo, quindi: chi stabilisce quando questo affidamento nella sicurezza giuridica può ritenersi definitivamente leso? Chi potrà mai decidere se è o meno razionale prorogare il blocco una, due, tre o cinque volte? Chi potrà sostenere che ciò non accada già a fronte di una proroga disposta allo scadere del blocco triennale, che ha congelato ogni aspettativa economica e persino privato i funzionari promossi alla qualifica superiore del trattamento economico previsto?

Ed infatti, se il principio da tutelare è quello dell’affidamento nella sicurezza giuridica, allora non sembra al contempo potersi affermare la legittimità di una proroga che – proprio a fronte della eccezionalità e della temporaneità delle misure a suo tempo disposte – non può che determinare una grave e sostanziale insicurezza in merito alle prospettive future di progressione economica.

Signor Presidente del Consiglio, Signor Ministro dell’Interno, gli operatori della Polizia di Stato sono stanchi di promesse mai mantenute. Sono stanchi di sentire che non si dispone delle risorse economiche necessarie, che poi miracolosamente vengono trovate per finanziare misure spesso discutibili, ma spacciate come necessarie.

La misura è ormai definitivamente colma e la questione è chiaramente politica.

Difficile si rivela per le stesse organizzazioni sindacali governare il malcontento e la rabbia del personale impegnato ogni giorno in servizi onerosi, sotto il profilo sia fisico che psicologico, esposto a rischi di ogni genere (come i fatti di cronaca anche recentemente confermano), spesso umiliato, deriso, sbeffeggiato, aggredito.

Il Governo ha scelto come sempre la strada più facile, costringendo i dipendenti pubblici a pagare gli effetti di una crisi di cui non sono certo essi a portare la responsabilità.

E quel che è peggio, è che la totale assenza di provvedimenti strutturali di contrasto agli sprechi, alla corruzione e all’evasione fiscale determina il concreto rischio che la voragine continui fatalmente ad autoalimentarsi, rendendo del tutto vano l’enorme sacrificio che ci viene richiesto.

Le gravi sperequazioni realizzate da questo Esecutivo all’interno del pubblico impiego, privilegiando altre categorie di lavoratori e omettendo di farsi carico della “specificità” che il legislatore ha ritenuto di sancire per il Comparto Sicurezza proprio in considerazione delle innegabili peculiarità che lo caratterizzano, costituiscono fonte di una precisa e seria responsabilità verso le donne e gli uomini della Polizia di Stato.

Riteniamo che il Governo ci debba finalmente fornire delle risposte, perché ormai improcrastinabile è l’assunzione dei provvedimenti necessari a garantire una reale ed effettiva tutela di una categoria di lavoratori su cui grava l’onere di garantire l’ordine e la sicurezza pubblica nel nostro Paese, tanto più in un momento in cui – proprio per le croniche inefficienze del sistema politico – essa è chiamata a fronteggiare i disastrosi effetti di una crisi (che non è solo economica) che la espone a rischi e la costringe a sostenere carichi di lavoro se possibile ancora maggiori.

Roma, 13 gennaio 2014

Lorena LA SPINA
BLOCCO ECONOMICO: LETTERA A LETTA ED ALFANO