1-14anfpASSEMBLEA

ROMA – 23 OTTOBRE 2012 ORE 10.00

RIORDINO – PREVIDENZA – ACCORPAMENTO PROVINCE

Ore 10.00 ACCREDITAMENTO

Ore 11.00
RELAZIONE INTRODUTTIVA
ENZO MARCO LETIZIA

INDIRIZZO DI SALUTO
CARLO DE STEFANO

INTERVENTI
EMANUELE FIANO
CAMERA DEI DEPUTATI

ALFREDO MANTOVANO
CAMERA DEI DEPUTATI

RELAZIONI
LORENA LA SPINA
RIORDINO

ALESSANDRO MENEGHINI
CONSIGLIERE NAZIONALE
ISTITUZIONE COMMISSIONE PERMANENTE SU SICUREZZA

DOMENICO PROCOPIO
SEGRETARIO REGIONALE EMILIA ROMAGNA
PREVIDENZA

ORE 13.00
PAUSA

ORE 14.30
APERTURA DIBATTITO

ORE 16.30
CONCLUSIONI DEL SEGRETARIO NAZIONALE

RELAZIONE INTRODUTTIVA
ENZO MARCO LETIZIA

Ogni giorno di più monta l’ondata di scandali, che travolge non solo la credibilità delle forze politiche, ma anche l’autorevolezza delle istituzioni, della pubblica amministrazione, del mondo dell’impresa, dell’intero ceto dirigente del Paese.
La crisi morale si intreccia con quella economica in un vortice che si avvita su se stesso e sembra non volersi mai fermare.
L’arresto dell’assessore Zambetti della Regione Lombardia non implica certo la sconfitta del pericoloso sodalizio tra politica e criminalità organizzata, che approfitta della vulnerabilità del sistema economico per infiltrarsi in attività legali, investire in settori nuovi e ancora leciti, entrare in consigli di amministrazione di finanziarie e banche e che offre i propri voti, che fanno la differenza tra rimanere al potere o andare a casa.
Un intellettuale che ama Milano e l’Italia, Umberto Eco, ha lanciato un allarme: “non solo la politica milanese si trova compromessa con la ‘ndrangheta, ma addirittura ormai appare che non è la politica a usare la ‘ndrangheta bensì la ‘ndrangheta a usare la politica, che prende ordini dai suoi sgherri, piange e si umilia di fronte alle loro minacce”.
E come pensa lo Stato, come pensa il Governo di fronteggiare il malcontento per un rigore senza crescita e per una austerità che chiede sacrifici solo apparentemente a tutti, obbligando a fare penitenza chi ha già poco? E come pensa di mantenere un ordine che diventa fatalmente sempre più precario? Come pensa di gestire quel malessere legittimo che serpeggia come la lava sotterranea di un vulcano pronto a esplodere? E come pensa di battersi, con qualche speranza di successo, contro una criminalità sempre più ramificata, sempre più sofisticata, con forze e risorse economiche soverchianti, che usa la crisi come territorio di espansione per penetrare in una economia resa più permeabile e vulnerabile proprio dall’emergenza?
Si pensa davvero di poter combattere un crimine che impiega tecnologia, mezzi, armi, professionisti preparati e aggiornati, che gode dell’appoggio di rappresentanti politici sleali e funzionari pubblici infedeli, contando sullo spirito di servizio – mai smentito – di uomini sottopagati, frustrati, umiliati nella carriera e nella remunerazione, mai gratificati nell’aspirazione a migliorare, mai sostenuti e rappresentati dalla politica e dall’amministrazione nelle loro legittime richieste e meno che mai quando sbagliano, quando l’immagine dell’istituzione che rappresentano è compromessa da casi isolati?
Oggi tutti i sindacati di polizia stanno manifestando nelle piazze italiane perché a breve la riforma previdenziale costringerà poliziotti ultra sessantenni a fronteggiare emergenze di ogni tipo, a correre come forsennati da Piazza del Popolo a Piazza Venezia e viceversa, come è già successo nelle due ultime grandi manifestazioni a Roma, nel corso delle quali si sono registrati disordini e incidenti.
I poliziotti stanno manifestando anche al fine di ottenere una retribuzione adeguata, rivendicando lo sblocco degli stipendi e censurando il blocco del turnover, che già produce i suoi effetti fortemente negativi: le mancate assunzioni impediscono di programmare avvicendamenti ed affiancamenti negli uffici che potrebbero garantire il trasferimento del know-how e delle professionalità ai nuovi arrivati e che eviterebbero il sovraccarico di oneri e responsabilità su quella cha abbiamo più volte definito come una “razza in via di estinzione”.
Ogni ulteriore blocco delle assunzioni nei corpi di polizia significa ridurre sensibilmente le reali possibilità di contrasto al crimine con la conseguenza che il Paese nel breve – medio periodo appare destinato inevitabilmente ad entrare in una seria emergenza sicurezza.
Si dice che quando muore un vecchio è come se si bruciasse una biblioteca: qui stiamo appiccando il fuoco alla Biblioteca nazionale, per quanto riguarda le forze di polizia.
E quel che è più grave è che la politica dell’attuale Governo segna la continuità con la quella del precedente: prima si è intervenuti tagliando le spese di funzionamento del sistema e mettendo le mani nelle tasche dei poliziotti. Oggi si prosegue verso la destrutturazione del sistema sicurezza, con il blocco del turnover, la chiusura delle Questure connessa alla soppressione delle province, la riforma del sistema previdenziale in atto. Eppure non ci risulta che stiano diminuendo i reati, anzi: la realtà è tutt’altra.
I dati mostrano già che si sta percorrendo la pericolosa china del disarmo della Polizia: si arresta meno, c’è meno contrasto al crimine, mentre un esercito di predatori e criminali da strada si organizza sempre meglio. Aumentano rapine in banca, furti, rapine in casa, mentre calano le indagini per spaccio e traffico di sostanze stupefacenti. Così si addestra al delitto una manovalanza pronta a consegnarsi nelle mani del crimine organizzato.
Dei poliziotti, la politica, le istituzioni ed i media si ricordano – ma solo per poco – quando cadono, quando il loro sacrificio diventa estremo o quando potrebbero aver sbagliato.
Oggi noi siamo qui non solo per sottolineare i problemi e discuterne all’interno della categoria, ma per rappresentarli a chi ha la capacità e il ruolo per farsene interprete e segnare finalmente una netta discontinuità con la politica seguita fino ad oggi in tema di sicurezza.
La prima richiesta che rivolgiamo alla politica è che la sicurezza non entri più nel tritacarne delle campagne elettorali, in cui si infiltrano apprendisti stregoni a danno dei competenti, con slogan e tesi che non vanno da nessuna parte.
Per questo chiediamo ai parlamentari la reintroduzione della Commissione Affari Interni, in modo tale che ogni forza politica abbia i propri deputati e senatori che si occupano in modo non occasionale, competente e continuativo di temi delicatissimi, che hanno bisogno di essere approfonditi e condivisi da tutti i gruppi parlamentari per essere efficaci.
Sarebbe più facile parlare con voi – se ci fosse già una Commissione Affari Interni – di che cosa significhi sbloccare il turnover per il bene del Paese come degli effetti della chiusura delle Questure connessa alla imminente soppressione delle Province.
Declassare una Questura in Commissariato significa ridurre la capacità di analisi dei fenomeni criminali e di prevenzione degli stessi; indebolite, inoltre, sarebbero le garanzie strettamente connesse al mantenimento dell’ordine pubblico nel territorio. E si fa finta di non vedere che le città, anche se di provincia, sono quelle in cui gli effetti dell’impoverimento del nostro sistema si faranno sentire con più forza.
Se ci fosse stata la Commissione Affari Interni, molto probabilmente ormai da tempo la Polizia di Stato avrebbe ottenuto il proprio riordino, con la dirigenzializzazione del ruolo degli attuali commissari di polizia al pari di quanto accaduto per le carriere già dirigenzializzate dei prefettizi, dei diplomatici e dei forestali, oltre che per elementari esigente di parità di trattamento e riconoscimento della specificità delle funzioni, anche per una maggiore rispondenza alle esigenze della realtà contemporanea, sempre alla ricerca di modelli organizzativi più efficienti.
Se ci fosse stata la Commissione Affari Interni, io penso che tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio, non sarebbe stato consentito alla carriera dei prefettizi di staccarsi da quella dei funzionari di Polizia e di sopravanzarla, così turbando i delicatissimi equilibri all’interno del Viminale. Anzi, a partire da quella riforma a favore della carriera prefettizia, il Viminale ha progressivamente perso voce in capitolo, poiché le sue esigenze vengono rappresentate da una categoria cui la politica può facilmente obiettare: “voi avete incassato e adesso governate le asimmetrie che avete creato”.
Se ci fosse stata la Commissione Affari Interni, io penso che il Ministro Fornero, allorquando ha illustrato la sua riforma, non avrebbe usato un linguaggio “para-militare”, avrebbe probabilmente gestito l’incontro in modo meno arbitrario e avrebbe sicuramente conosciuto meglio quali sono le specifiche esigenze della Polizia di Stato e il lavoro che svolgono le forze di polizia ad ordinamento civile.
Se ci fosse stata la Commissione Affari Interni, io penso che i Funzionari di Polizia provenienti dal quadriennale, avrebbero ottenuto il riconoscimento degli anni di corso ai fini previdenziali, come avviene per le forze di polizia ad ordinamento militare.
Se ci fosse stata la Commissione Affari Interni, oggi il riconoscimento della nostra laurea ai fini pensionistici sarebbe a carico dell’Amministrazione, come già avviene per gli ufficiali medici.
Siamo qui oggi, in una platea significativa ed incoraggiante, che raccoglie un gran numero di quadri, non solo per un dibattito interno, non solo per consolidare la forza che ci viene dall’unità di intenti, ma anche per trasmettere un messaggio forte e chiaro alla politica: il tema della sicurezza non può essere delegato a tecnici troppo attenti ai conti, tanto meno ai privati, troppo attenti al profitto.
Il Parlamento deve assumersi le proprie responsabilità e rivendicare il potere decisionale che gli appartiene per rappresentare e dare soluzione alle esigenze dei cittadini, al loro interesse generale che è anche il nostro, di cittadini e di funzionari di polizia.
Ci aspettiamo che in questo difficile momento la politica abbia il coraggio di scegliere la via meno facile e smetta di pretendere sacrifici solo dal ceto medio, che assiste ormai ad una progressiva ed irrimediabile proletarizzazione.
Non si trovano i soldi per autovetture, uniformi, computer, carta e stampanti. Non si trovano i soldi per l’assegno una tantum, che servirebbe ad attenuare gli inaccettabili effetti del blocco del trattamento dirigenziale dei 13 e dei 25 anni di anzianità, unici significativi aumenti stipendiali a fronte di un percorso professionale troppo spesso senza sbocchi, carico di oneri, rinunce, enormi responsabilità, a fronte di un trattamento economico inadeguato e mortificante .
Si continua ad ignorare che, tanto più in un’epoca così difficile e carica di tensioni sociali, la Polizia di Stato (e solo la Polizia di Stato) è chiamata a gestire un ruolo scomodo e pericoloso, che troppo spesso rappresenta il terminale di inefficienze, omissioni, disattenzioni, incapacità di altri, assumendosene nondimeno la responsabilità nei confronti dell’opinione pubblica.
Tuttavia, solo per citare alcuni esempi, il varo di una legge seria ed efficace in tema di corruzione incomprensibilmente continua ad essere rinviato. Troppo scarsi i controlli sugli affidamenti di consulenze iperpagate nella Pubblica Amministrazione. Nessun intervento sul conflitto di interessi nell’assunzione degli incarichi pubblici. Nessun limite normativamente individuato al cumulo di quegli incarichi, tanto che persino il Ministro Fornero ha ritenuto di potersi pubblicamente trincerare dietro l’assenza di regole certe.
Ebbene, quelle regole le fa il Parlamento. Abbia il coraggio di farle. Noi gliele chiediamo. Noi gli chiediamo di affrontare finalmente, con inflessibile rigore e decisione, le reali e maggiori cause dello spreco di denaro pubblico, le inaccettabili concentrazioni di ricchezze nelle mani di pochi, nella totale assenza di controlli sul loro operato, sul loro rendimento, sulla gestione della cosa pubblica.
Noi gli chiediamo di fare in modo che la politica smetta di essere considerata un mestiere – cosa che da molti di coloro che a quel mondo appartengono, essa è oggi ritenuta – per tornare ad essere una Funzione, nel senso più alto del termine, da svolgere realmente per il bene e nell’interesse di tutto il Paese.

PROGRAMMA DELL’ASSEMBLEA DEL 23 OTTOBRE 2012

RELAZIONE INTRODUTTIVA SEGRETARIO NAZIONALE