Da anni l’ANFP ha scelto di svolgere una riflessione a largo raggio sui temi dell’ordine pubblico, che contribuisca a identificare misure, strumenti normativi e strategie di prevenzione e contrasto, grazie alle conoscenze del problema e all’esperienza quotidiana maturata dai funzionari di polizia sul territorio e in tutti i contesti della vita sociale.
A motivo di ciò, consideriamo prioritario mantenere e consolidare anche il rapporto con gli organismi e i soggetti che vivono sul campo i problemi legati alle manifestazioni sportive e alla violenza negli stadi, assicurando la nostra presenza e portando il nostro contributo in convegni e occasioni di studio e confronto, l’ultima delle quali è stata il Congresso nazionale dell’Andes dal titolo “L’importanza dello Slo e del dialogo nella crisi economica che colpisce anche lo sport”, tenutosi a Milano il 20 e 21 gennaio scorsi.
Si tratta di un titolo efficace, anche perché eventi recenti dimostrano che la crisi produce come effetto aggiuntivo e perverso lo sconfinamento del malessere in conflittualità e in violenza, la rottura dei vincoli di coesione sociale, l’impoverimento dei valori di solidarietà, compresi quelli che dovrebbero invece arricchirsi grazie al riconoscimento intorno a interessi e passioni comuni, quale appunto l’amore per lo sport e il tifo per una squadra. E che invece possono diventare l’innesco per l’accendersi di contrapposizioni estreme che nulla hanno a che fare con il calcio, dove lo stadio si riduce a teatro dello scontro brutale di fazioni che cercano l’occasione per provocare la rissa, per individuare pretestuosamente un nemico in modo da giustificare la guerra, come è accaduto pochi giorni fa a Cremona, quando appartenenti ai centri sociali e militanti di “Casa Pound” sono stati al centro di drammatici incidenti davanti all’impianto sportivo, nel corso dei quali è stato gravemente ferito uno dei contendenti.
Peraltro, le innovazioni normative del 2007 e l’efficace utilizzazione degli strumenti di prevenzione, di accertamento e di indagine introdotti della nuove disposizioni in materia di videosorveglianza, hanno prodotto risultati incoraggianti nelle stagioni calcistiche 2008/2009, con una sensibile diminuzione degli incidenti ed un drastico calo dei feriti (- 48% tra le Forze dell’Ordine e – 20% tra i tifosi). Nel 2010 le violazioni del DASPO si sono quadruplicate e nel 2011 e 2012 si è visto un andamento stabile degli incidenti con feriti, che hanno subito una diminuzione in serie A ed un inatteso incremento in serie B.
Il Capo della Polizia, nell’audizione da parte delle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia del settembre 2014, pur considerando positivi i dati relativi all’attività di contrasto e repressione (+ 21% di denunce e + 10% di arresti), ha però sottolineato come nella scorsa stagione calcistica siano state registrate criticità soprattutto in serie A e B, con un forte aumento degli indicatori di violenza: incontri con feriti + 37% circa; feriti tra le forze dell’ordine + 87% circa, soprattutto in serie A; feriti tra i civili + 35%; feriti tra gli steward + 145%.
Benché si tratti di dati ampiamente migliori di quelli relativi alla stagione calcistica 2005/2006, riteniamo che l’incremento del numero dei feriti (specie tra le forze dell’ordine e gli steward) ed alcuni episodi di oggettiva particolare gravità, impongano un’ulteriore riflessione sulla predisposizione dei servizi di polizia e su quanto sia ancora possibile fare per migliorarne l’efficacia, in un più generale contesto in cui la prevenzione si avvale comunque e innanzitutto del dialogo e della collaborazione di tutti gli attori a vario titolo coinvolti.
Il Dipartimento della P.S., il 19 dicembre 2014, ha emesso una nuova circolare con cui vengono fornite una serie di indicazioni operative, che meritano un’attenta lettura, nel più complessivo quadro dei numerosi interventi di recente adottati in materia.
Ed infatti, viene riaffermata l’esigenza di valutare, pur se in via eccezionale, l’impiego della polizia all’interno degli stadi, nei casi in cui, a valle della valutazione del rischio che si accompagna ad ogni pianificazione di sicurezza, emergano criticità evidenti. Ciò non significa, ovviamente, che lo strumento repressivo e l’uso della forza pubblica debbano essere considerati quali componente elettiva delle strategie di predisposizione dei servizi di ordine pubblico, segnando una sorta di discontinuità con le strategie sin qui positivamente sperimentate. Sarebbe, questo, un pericoloso fraintendimento dell’obiettivo di fondo. Tuttavia, a seconda dei contesti e degli eventuali rischi specifici connessi a determinate competizioni calcistiche, tenuto conto dei gravi accadimenti che hanno segnato la scorsa stagione sportiva, il nuovo modello operativo prefigurato dalla circolare include nella pianificazione generale dei servizi anche la gestione consapevole e programmata di eventuali emergenze. Di particolare rilievo ci sembrano le previsioni che riguardano momenti di confronto con i Reparti Mobili ed esercitazioni congiunte, volte proprio ad evitare interventi che possano risultare pregiudizievoli per i terzi e per il personale operante, migliorando il coordinamento e la sicurezza sul piano operativo.
Inoltre, la circolare sottolinea la necessità di un’attenta verifica delle strutture (le cui condizioni hanno in molti casi favorito i fenomeni violenti), promuovendo la responsabilizzazione degli organizzatori per ciò che attiene agli adempimenti di tipo logistico ed alla ricerca delle soluzioni tecnologiche volte comunque a limitare l’impiego della forza pubblica all’interno degli stadi.
E’ chiaro che nel migliore dei mondi possibili la polizia non dovrebbe affatto essere necessaria all’interno degli stadi, perché sport e violenza dovrebbero restare entità del tutto distinte.
Ma sfortunatamente non viviamo nel migliore dei mondi possibili ed è quindi indispensabile confrontarsi con le esigenze che la realtà, di volta in volta, ci presenta.
Molto è stato fatto per ridurre l’illegalità e la violenza negli stadi, i risultati sono incoraggianti, ma la cronaca ci dimostra che non è affatto possibile abbassare la guardia.
Riteniamo che i nuovi “Indirizzi operativi” debbano essere valutati ed interpretati alla luce dell’insieme delle misure di recente attuate e delle consolidate metodologie positivamente utilizzate, che dimostrano come solo attraverso una strategia di intervento complessa ed articolata sia possibile arginare e prevenire questo grave fenomeno.
Già due anni fa era stata costituita una task force dal Ministro dell’Interno, col contributo dei club. Sono stati individuati percorsi per incoraggiare una migliore e più ampia frequentazione degli stadi – che si svuotano progressivamente – e misure volte ad accrescere la fiducia e la fidelizzazione degli appassionati. Facilitata la vendita dei biglietti on line (acquisto anche all’ultimo minuto; per gli ospiti anche l’ultimo giorno, salvo che l’incontro sia considerato a rischio) e disposto l’allineamento di tutte le biglietterie col CED. Quanto agli steward, è stata promossa la formazione con la partecipazione delle FF.OO.
Particolare attenzione è stata dedicata proprio al dialogo con i tifosi, attraverso le apposite “squadre tifoserie”. Anche le società devono disporre di tecnici qualificati per il colloquio con le tifoserie, al fine di agevolare la formazione di un tifo corretto attraverso i “supporter liaison officer”, positivamente sperimentati anche in altri Paesi. Essi fanno parte del Gruppo Operativo di Sicurezza, presieduto da un funzionario di polizia.
Sono state promosse campagne di legalità, previsti premi per le tifoserie al fine di contrastare il razzismo, iniziative anticontraffazione, formazione e comunicazione.
In merito all’impiantistica degli stadi – che in Europa è considerata come il pilastro dell’attività preventiva – sono stati previsti settori più piccoli per aumentare la sicurezza; piani di afflusso e deflusso più efficaci; riqualificazione degli impianti, privilegiando il comfort; abbattimento delle barriere.
Né vanno dimenticate le recenti innovazioni normative adottate col d.l. n. 22 agosto 2014, n. 119, convertito in l. 17 ottobre 2014, n. 146, tra cui si segnalano:
– inasprimento del DASPO da 1 a 5 anni;
– DASPO per i recidivi da 5 a 8 anni, oltre a possibile applicazione della sorveglianza speciale di P.S.;
– DASPO anche per introduzione negli stadi di scritte o immagini, oltre che di cartelli e striscioni che incitino alla violenza;
– DASPO di gruppo, con almeno 3 anni di interdizione per chi ha assunto la direzione del gruppo stesso;
– arresto differito in flagranza fino a 48 ore, prima legato agli scontri dentro e fuori dagli stadi, ora ammesso anche per istigazione alla discriminazione razziale, etnica e religiosa;
– possibilità di escludere dagli stadi le tifoserie violente, con divieto di trasferta, per massimo due anni, da parte del Ministro dell’Interno;
– inasprimento delle pene per frode in competizioni sportive, di cui all’art. 1 della l. n. 401/1989 (ora pena detentiva da 2 a 6 anni).
Incidentalmente, va ricordato che l’Associazione aveva avanzato dei dubbi in merito alla prevista estensione del DASPO ai soli reati di cui all’art. 380, comma 2, lett. f) ed h) c.p.p. Ed infatti, l’istituto del DASPO – nella sua originaria configurazione – appare strettamente correlato ad ipotesi di reato che afferiscono (a vario titolo) allo svolgimento delle manifestazioni sportive. Per tale ragione, intervenire, oggi, con l’evidente ed apprezzabile intento di ampliare la platea dei destinatari, introducendo, però, la possibilità di applicare la misura in questione solo ai soggetti denunciati o condannati per rapina, estorsione e reati in materia di stupefacenti di cui all’art. 73 del T.U. n. 309/90, appare tanto riduttivo, quanto scarsamente coerente con l’assetto generale dato sin qui all’istituto del DASPO. Col paradosso, ad esempio, che sfuggiranno all’applicabilità della misura i soggetti denunciati o condannati per i delitti commessi per finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine costituzionale, di cui all’art. 380, lett. i), c.p.p. o, ancora, per i delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione dell’associazione di tipo mafioso prevista dall’art. 416 bis c.p., di cui all’art. 380, lett. l-bis), c.p.p. Ci sembra si tratti di due esempi emblematici, giacché sono note le frequenti contaminazioni tra il mondo dell’estremismo politico, quello della criminalità organizzata e certa parte delle tifoserie ultras.
Si tratta di un insieme di interventi che si muovono con l’obiettivo di coniugare ed armonizzare il necessario rigore per il mantenimento dell’ordine pubblico, la tutela degli spettatori e degli operatori della sicurezza, con la promozione di modalità di dialogo, negoziazione e collaborazione, che si collocano nel solco della strategia operativa che si è fin qui seguita con successo.
E che richiedono come premessa ineludibile la collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti, per alimentare una cultura della sicurezza che restituisca anche allo sport la dimensione civile e partecipata che la sua tradizione merita e impone.

Il Segretario Nazionale
Lorena LA SPINA