Signor Ministro,

come è noto, le Commissioni riunite Affari Costituzionali e Difesa nel parere al decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al D.lgs. 29 maggio 2017, n. 95, concernente disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle forze di polizia, hanno chiesto al Governo di assicurare ai funzionari delle Forze di Polizia ad ordinamento civile il medesimo trattamento economico ai fini pensionistici riconosciuto agli ufficiali dei corpi militari non di accademia, per la cui assunzione è richiesto il diploma di laurea che viene computato ai fini previdenziali.

Al riguardo si rappresenta che l’età anagrafica media di immissione in servizio per i funzionari di polizia è superiore di almeno 7/8 anni rispetto a quella degli ufficiali delle forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze Armate con ripercussioni negative sul trattamento pensionistico basato sul sistema contributivo.

L’età risulta più alta perché per l’accesso alla carriera dei funzionari di polizia è richiesto il possesso del titolo di laurea magistrale o specialistica ad indirizzo giuridico, oppure, fino agli anni 90, la frequenza del corso quadriennale presso l’Istituto di Polizia, anch’esso non produttivo di effetti sul trattamento pensionistico.

Va evidenziato che se è differente l’età anagrafica di accesso al ruolo (27/30 anni rispetto ai 19/22 degli ufficiali) quella del pensionamento – in relazione ai peculiari e gravosi compiti – è uguale per tutto il personale delle Forze di Polizia ed armate. Inoltre la medesima ratio va applicata ai funzionari dei ruoli tecnico-scientifico e dei medici, visto che per gli ufficiali medici del Commissariato delle Forze armate, la relativa laurea è riconosciuta ai fini pensionistici.

Il legislatore per gli ufficiali del comparto Sicurezza e difesa ha previsto delle norme di salvaguardia economico-previdenziale. Infatti in virtù del combinato disposto dell’art. 1860 del Decreto legislativo 15 marzo 2010 n.66 e l’art. 32 del Decreto del Presidente della Repubblica del 29 dicembre 1973 n.1092, agli ufficiali, per la cui nomina in servizio permanente effettivo sia stato richiesto il possesso del diploma di laurea, si calcolano ai fini pensionistici gli anni legali dei relativi corsi senza riscatto.

La ratio è semplice. Tale modalità di assunzione comporta un risparmio per i corpi militari nella formazione dei propri ufficiali, ma determina un innalzamento dell’età anagrafica per l’immissione nei ruoli di detto personale, i cui effetti negativi ai fini pensionistici, sono di tutta evidenza: per evidenti ragioni connesse all’efficienza psico-fisica, viene posto il limite ordinamentale di 60 anni per il collocamento in pensione. Pertanto, per assicurare lo stesso trattamento economico ai fini pensionistici tra l’ufficiale di accademia e l’ufficiale per la cui assunzione è richiesto il diploma di laurea, è stata prevista la computabilità dei relativi corsi di laurea ai fini previdenziali.

La posizione dei funzionari di polizia è speculare a quella degli ufficiali non di accademia. Per quanto sopra esposto i Funzionari percepiranno pensioni inferiori rispetto agli ufficiali del Comparto Sicurezza e Difesa, con una riduzione contributiva non inferiore ai quattro anni. Una disparità di trattamento che va sanata nel pieno rispetto del principio di specificità di cui all’art.19 della legge 4 novembre 2010, n. 183.

Riconoscimento al personale contrattualizzato e non (dirigente) di un diverso coefficiente di trasformazione.

La tutela della specificità delle funzioni svolte dal personale del comparto sicurezza e difesa si estende, per esplicita previsione di legge, anche agli aspetti pensionistici a chi cessa dal servizio per raggiunti limiti di età.

E, tuttavia, non è più accettabile la condizione del personale di queste Forze di polizia che, da un lato, è costretto a subire la collocazione in quiescenza al raggiungimento di un limite di età inferiore al restante personale del pubblico e del privato impiego e, dall’altra, si vede applicato, nel calcolo della pensione, un coefficiente di trasformazione inferiore a quello degli altri pubblici dipendenti, come se fosse una scelta il suo collocamento in quiescenza al limite ordinamentale, e non un obbligo di legge.

Di fronte a questa ingiustificata penalizzazione del personale, proponiamo la modifica dei coefficienti di trasformazione attualmente utilizzati, applicando il coefficiente dei 62 anni a tutti gli appartenenti ai ruoli della polizia che sono obbligati ad andare in pensione a 60 anni; il coefficiente dei 65 anni a chi è obbligato ad andare in pensione a 63 anni; e il coefficiente dei 67 anni a chi è obbligato ad andare in pensione a 65.

Chiediamo, quindi, che si introduca la succitata proposta di modifica al sistema di calcolo esistente, in grado di garantire una vera tutela della specificità degli operatori del comparto sul versante pensionistico, perché non fa ricadere sul personale delle Forze di polizia un limite ordinamentale di età, per il collocamento in quiescenza, più basso del restante pubblico impiego.

In conclusione, per porre fine alle iniquità precedentemente delineate, e nel solco della succitata osservazione mossa dalle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Difesa del Senato, riteniamo opportuno che si intervenga normativamente affinché al personale, contrattualizzato e non, venga garantito il principio di specificità di cui all’articolo 19 della Legge 183 del 4 novembre 2010 sul versante previdenziale, e, per quanto sopra esposto, siano eliminate anche le sperequazioni pensionistiche tra Funzionari di Polizia e Ufficiali dei Corpi militari.

Roma 8 febbraio 2019

 

 

 

 

 

 

LETTERA AL MINISTRO 8 FEBBRAIO 2019