Qualora l’amministrazione ometta di tenere una contabilizzazione mensile dello straordinario prestato dai dipendenti e, conseguenzialmente, si astenga dal segnalare tempestivamente ai medesimi il raggiungimento (o il superamento) del limite individuale massimo consentito, non può poi sottrarsi alla cogenza dell’obbligo sinallagmatico di corrispondere la retribuzione dovuta a fronte delle maggiori prestazioni lavorative ricevute, adducendo l’argomento dell’intempestiva domanda, da parte del dipendente, del prescritto riposo compensativo. Ed invero, una volta che di pendente possa essere obbligato a lavorare gratuitamente per la p.a., è giocoforza ritenere che il lavoratore possa consapevolmente esercitare la scelta tra il prestare, o meno, lo straordinario, solo quando l’amministrazione, dal canto suo, adempia diligentemente all’onere di rendere nota, mese per mese, la perdurante disponibilità di sufficienti risorse finanziarie da destinare alla retribuzione della specifica spettanza o, in caso contrario, quando l’amministrazione comunichi l’avvenuto esaurimento del massimo monte ore individuale e della conseguente esercitabilità, nel prosieguo del rapporto commutativo, della sola opzione per il riposo compensativo.
La valorizzazione esegetica delle pur comprensibili preoccupazioni di carattere finanziario che ispirano le disposizioni recate in parte qua dal D.P.R. n. 268/1987 (obiettivamente rivolto a disincentivare l’eccessivo ricorso allo straordinario da parte delle amministrazioni locali) non può infatti spingersi fino al punto di accordare prevalenza a norme di natura organizzativa e contabile, dettate esclusivamente a presidio della correttezza dell’azione amministrativa, rispetto al contrapposto diritto soggettivo, costituzionalmente tutelato (art. 36 Cost.), del pubblico dipendente a ricevere una retribuzione proporzionata alla quantità (ed alla qualità) del lavoro effettivamente prestato.

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30-consiglio_di_stato_straordinario