59-alemannoCome si ricorderà, il cosiddetto “Pacchetto Sicurezza” del Governo Berlusconi (D.L. n. 92/08 convertito in L. n. 125/08) aveva, a suo tempo, attribuito ai Sindaci nuovi poteri in materia di sicurezza urbana, prevedendo la possibilità, per i primi cittadini nella loro veste di Ufficiali del Governo, di adottare con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
A porre un freno a quella che è stata definita la “stagione delle ordinanze” è intervenuta la Corte Costituzionale, con sentenza 7 aprile 2011, n.115.
La sentenza avrà l’effetto, ci si augura, di contenere le esuberanze di qualche sindaco “sceriffo”, limitando i provvedimenti più singolari, ma non rappresenta certamente lo strumento fisiologico attraverso cui assicurare, per il futuro, una visione strategica della sicurezza che si articoli a tutti i livelli istituzionali e territoriali.
La domanda di sicurezza che viene dal territorio è complessa: non riguarda più solo i problemi di ordine pubblico e nemmeno solo la difesa delle proprietà.
Si diffonde la sensazione di vivere come proiettati in uno stato di perenne insicurezza e di crisi permanente: l’opinione secondo cui occorrono misure eccezionali e poteri straordinari per farvi fronte si è radicata a tutti i livelli, nella percezione della collettività e nell’agire politico. Ed è oggetto di sin troppo facili strumentalizzazioni, attraverso una sorta di “imprenditorialità” della paura, con il concreto rischio di derive autoritarie, che hanno inserito in un loro “protocollo” ideologico della sicurezza urbana l’immigrazione, la minaccia islamica, i minareti, la concorrenza interna degli stranieri, il rifiuto del diverso, la crisi economica, la disoccupazione, la repressione della protesta in nome di un preteso ordine sociale, la qualificazione del disaccordo come sterile faziosità ai limiti della sedizione o del colpo di stato.

Ma il pericolo di questo approccio, che a un tempo alimenta la diffidenza e risponde ad essa con l’isolamento e il rifiuto, è che la domanda di sicurezza e le risposte che ne conseguono coincidano con un’aspettativa di immunizzazione dei cittadini dalla minaccia degli altri e delle loro rivendicazioni, con la richiesta alla politica di essere protetti e contemporaneamente con l’affermazione di aver diritto ad auto-difendersi, con polizie private, dispositivi di sorveglianza, muri, barriere.
La rivendicazione del diritto individuale alla sicurezza porta inevitabilmente a una perdita della sicurezza come bene comune, connesso a quell’equilibrio dinamico e sempre ridiscusso tra libertà e uguaglianza che l’ordinamento democratico si propone di stabilire ed al quale è doveroso fornire il proprio contributo.
Una visione realistica ed equilibrata del problema, scevra da pregiudizi, ideologie e sin troppo facile demagogia, non può che condurre alla individuazione di interventi sinergici, capaci di far convergere competenze, saperi ed azioni di una molteplicità di soggetti ed istituzioni, ineliminabilmente chiamati, ciascuno per la parte di propria competenza, a fornire una partecipazione concreta e diretta.
La sicurezza, ovviamente, non può essere garantita unicamente attraverso risposte di carattere autoritario e repressivo.
Ed è per questo che suscita la più viva preoccupazione la pretesa esigenza di dar vita a quelle forme di controllo del territorio “calate dall’alto” e non frutto di disegni ed azioni condivise.
Ripetutamente il Sindaco Alemanno ha rinnovato il suo fermo proposito di istituire un regolamento restrittivo che ponga limiti temporali di spazio e autorizzativi ai cortei e alle pubbliche manifestazioni, facendo leva sul fatto che i cittadini confermerebbero una richiesta fortissima di conciliare il diritto alla mobilità con quello di manifestare, penalizzando esplicitamente il secondo.
Fin troppo evidente appare il contrasto col dettato costituzionale di eventuali disposizioni che si prefiggessero l’obiettivo di limitare aprioristicamente il diritto di manifestare pubblicamente il proprio pensiero, nel rispetto dei limiti e delle procedure che la legge già esplicitamente prevede. La minimizzazione dell’impatto negativo delle manifestazioni di piazza sulla regolarità del traffico urbano è chiaramente un problema la cui risoluzione resta affidata alle Autorità di Pubblica Sicurezza, chiamate a gestire molto più in generale il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica nel medesimo contesto.
Ed infatti sulla proposta del Sindaco Alemanno la risposta del Prefetto di Roma è stata inequivoca.
Per quanto riguarda il mantenimento dell’ordine pubblico, eventi recenti hanno dimostrato che l’attivazione concorde ed efficiente di procedure gestite congiuntamente da tutte le autorità presenti sul territorio ha saputo garantire un equilibrato e corretto svolgersi di manifestazioni con un grande concorso di partecipanti, senza che si verificassero problemi o situazioni di crisi. Se il problema, poi, è quello di una pressione sul traffico metropolitano, già – come peraltro ammette lo stesso sindaco – fortemente caotico e compromesso, le misure da prendere sono altre e indipendenti dal presentarsi di eventi aggiuntivi. E ben più che dedicarsi alla gestione dei problemi di ordine pubblico, l’amministrazione comunale ha il compito di disegnare una strategia di gestione dei trasporti e della mobilità nella giusta combinazione tra mezzi pubblici e privati, spostamento di persone e merci, sufficientemente efficiente da poter sopportare e integrare fattori peraltro prevedibili come una manifestazione autorizzata.
Giustamente il Questore ha evidenziato la propria più ampia disponibilità all’individuazione di percorsi condivisi con le rappresentanze dei cittadini che intendono protestare nella Capitale, in modo da limitare le ripercussioni sulla mobilità e sulla produttività della città, anche per l’indiretta negatività che queste ripercussioni produrrebbero sulle stesse ragioni dei manifestanti. Questa disponibilità è peraltro frutto di una elaborazione teorica e tecnica di una esperienza che le forze dell’ordine hanno condotto al loro interno e nel confronto con le istituzioni.
Essa conduce a pensare che, ben lungi dall’imporre soluzioni autoritarie e centralistiche, la formula da applicare sia invece quella di un efficace coordinamento tra gli attori in campo, la realizzazione di procedure concordate a forte contenuto di prevenzione e gestione delle eventuali emergenze.
Proprio il Presidente Napolitano, a margine della lettura di un volume che la nostra Associazione ha pubblicato appunto in tema di controllo del territorio, ha riaffermato la necessità di addivenire a forme mature di cooperazione interistituzionale.
Per i problemi di ordine pubblico nelle realtà cittadine non esistono risposte univoche e neppure sempre vincenti: troppi sono gli attori in campo e molte le competenze. Ma per questo le risposte vanno costruite mediante un approccio coordinato ai diversi livelli nei quali è organizzata e gestita la comunità e nel rispetto dei diritti e doveri di cittadinanza.
La priorità consiste nella costruzione di un percorso comune che, anche attraverso la corretta applicazione di leggi, regole e norme esistenti, conduca ad un efficace sistema di coordinamento e collaborazione. Alla sottoscrizione di un patto di coesione con lo sguardo rivolto al futuro e all’interesse dei cittadini di oggi e di domani, infatti l’ordine pubblico è una materia delicatissima in cui, tra l’altro, sono in gioco i diritti di partecipazione politica dei cittadini e perciò l’essenza stessa del sistema democratico, in altre parole l’essenza del nostro Stato.

Enzo Marco Letizia

IL TEMPO ROMA: NON SERVE VIETARE, OCCORRE UN PATTO DI COESIONE

LETTERA APERTA AL SINDACO DI ROMA